Notiziario

BANGLADESH PARTITA INCERTA (Giorgio Licini*)

29-4Minaccia fondamentalista, precarietà lavorativa, esodo giovanile… Il Bangladesh si trova oggi ad affrontare alcune sfide cruciali per il suo futuro. Compresa la possibilità di pluralismo religioso.

Un cancello con un grosso lucchetto impedisce l’accesso all’Holey Artisan Bakery nel quartiere diplomatico di Gulshan a Dacca. Una serrata trattativa con il personale di guardia, accompagnata da qualche telefonata a chissà chi, ci permette comunque di entrare dopo una mezzoretta, a condizione di non fare foto. Troviamo operai al lavoro per trasformare la struttura – ci dicono – in una residenza privata. Non sarà più quindi un ristorante tranquillo e un poco defilato il piccolo edificio sul laghetto nel quale diplomatici e imprenditori stranieri si davano appuntamento per cena, dopo una giornata di lavoro e di stress nel caos e nel traffico della capitale del Bangladesh. Il primo luglio di un anno fa, ventidue vittime civili – tra cui nove italiani – ed alcuni poliziotti intervenuti sul posto furono trucidati da un gruppo di studenti islamisti, in un attentato maturato negli ambienti universitari del Paese.                                                                                                                      L’articolo sul Bangladesh prosegue nell’ ALLEGATO

LA DISCESA DELCONGO (Anna Pozzi)

29-5Si fa sempre più drammatica la situazione in  Repubblica Democratica del Congo, dove si  moltiplicano le violenze e i focolai di guerra. «Una     situazione miserabile», denunciano i vescovi, che puntano il dito contro i politici che stanno facendo di tutto per «ipotecare la tenuta di elezioni libere e democratiche»

Una cinquantina di fosse comuni, quasi 3.500 morti, una ventina di villaggi completamente distrutti. Non solo. Sessanta parrocchie profanate e distrutte, 31 centri sanitari cattolici saccheggiati e 141 scuole diocesane assaltate e chiuse. Per non parlare di un numero enorme di sfollati interni – più di un milione – e di trentamila profughi che si sono riversati in Angola.
È la tragica contabilità – e solo per quanto riguarda le strutture della Chiesa – di quello che da nove mesi sta avvenendo nel Grande Kasai, regione diamantifera della Repubblica Democratica del Congo, dove si intrecciano questioni locali e tradizionali, scontri con l’esercito nazionale e ovviamente interessi economici.  L’articolo sul Congo prosegue nell’ ALLEGATO

VENEZUELA, IL DRAMMATICO BIVIO DELL’ALTRA AMERICA (Lucia Capuzzi)

29-6Benché datato quasi due mesi fa, riportiamo volentieri l’analisi di Lucia Capuzzi, inviata del quotidiano Avvenire in America Latina, perché mantiene inalterata la lucidità dell’analisi, che il succedersi dei fatti non ha potuto che confermare.

È, forse, il più drammatico banco di prova per la tenuta della democrazia in America Latina. Nelle piazze venezuelane – in fermento dal 4 aprile, con un bilancio di oltre ottanta vittime – si consuma l’ultimo atto di un conflitto di lungo corso. Le cui radici affondano nella cosiddetta “prima Repubblica”, quella instaurata alla fine della dittatura di Marco Pérez Jiménez, nel 1958. Un sistema senza dubbio stabile quanto disfunzionale, poiché basato sul patto tra i principali partiti nazionali. Oltre al potere e relative reti clientelari, essi si spartivano la principale risorsa del Paese: la rendita petrolifera.                                                                               L’articolo sul Venezuela prosegue nell’ ALLEGATO

 

YEMEN, BOMBE «ITALIANE» ECCO LE NUOVE PROVE (Nello Scavo)

Armi di produzione italiane usate in Yemen. Da anni la Rete italiana per il disarmo denuncia l’esportazione verso la coalizione saudita.

 29-7L’ultima è la Bahri Jedda. Il cargo saudita, salpato da Cagliari la settimana scorsa, secondo i radar sta consegnando in queste ore il nuovo carico: 2.000 bombe per i caccia della coalizione che martella lo Yemen. Il governo italiano non ha mai ufficializzato i nomi dei Paesi destinatari, ma un frammento recuperato sul campo conferma il contenuto di due anni di inchieste giornalistiche partite da “Avvenire”. La sigla ‘A4447’, incisa su una scheggia indica che l’ordigno proviene dalla Rwm Italia, che ha sede legale a Ghedi (Brescia) e stabilimenti a Domusnovas, in Sardegna, ma che fa capo al gruppo tedesco Rheinmetall.
Secondo l’ong yemenita Mwatana, il numero di matricola (nella foto), trasmesso all’ufficio Ansa di Beirut, è stato rinvenuto a Der al Hajari, nella regione nord-occidentale di Hodeida.               L’articolo sulle bombe “italiane” prosegue nell’ ALLEGATO

ANCHE LO SPORT SA PRENDERE POSIZIONE

①      Una medaglia per i migranti

29-9Una medaglia d’oro dedicata al dramma dell’immigrazione e alla speranza di tante famiglie che ogni giorno scappano dalla guerra, dalla fame, dalla persecuzione. È ciò che hanno fatto Manila Flamini e Giorgio  Minisini, i due giovani che, con una impresa storica, si sono piazzati primi (davanti a  Russia e Stati Uniti) nel nuoto sincronizzato in coppia ai mondiali di Budapest.

Non solo lo hanno fatto su un pezzo musicale di due minuti e 19 secondi dal titolo “A scream from Lampedusa” (L’urlo di Lampedusa). Insomma una dedica premeditata, evidentemente. Una prestazione che è stata fatta con consapevole scelta, con una forza comunicativa che non poteva non sapere che il mondiale si teneva a Budapest, nella capitale del paese di Orban che si oppone strenuamente all’ingresso di rifugiati e minaccia muri e azioni di forza.
Ecco un’Italia della quale fa piacere essere cittadini. L’Italia che parla di invasione, che gonfia i numeri degli arrivi, che taccia i migranti di terrorismo, che dice che portano malattie e germi, sappia che c’è un paese nobile, sordo alle loro frottole, che conosce la storia e sa che l’accoglienza può solo far bene. A tutti. Raffaele MASTO – Buongiorno Africa – 18.07.17

      Gli negano il minuto di silenzio per Barcellona e il nuotatore non si tuffa    

29-10Fernando Alvarez aveva invitato il Comitato a ricordare le vittime della strage prima della gara. Richiesta negata per mancanza di tem- po: lui ha deciso di farlo autonomamente non tuffandosi in acqua allo start.

Negano il minuto di silenzio in ricordo delle vittime dell’attentato di Barcellona e lui per protesta non si tuffa in acqua alla partenza. Il protagonista di questa singolare iniziativa è stato il nuotatore spagnolo Fernando Alvarez, impegnato in questi giorni nei Mondiali Master di Budapest riservati agli atleti over 25 anni. Il comitato ha negato la commemorazione delle vittime e così Alvarez ha deciso di osservare autonomamente il minuto di silenzio, rimanendo fermo sui blocchi di partenza. «Mi hanno detto che non potevano farci nulla perché non si poteva perdere nemmeno un minuto, visto lo schedule già prefissato della giornata — ha spiegato il nuotatore spagnolo — Ma certe cose non valgono tutto l’oro del mondo».                                                                                                                                                                                    Il Corriere della sera – 20.08.17

IL CONFINE TRA IL BENE E IL MALE PASSA NEL CUORE DI OGNI PERSONA (Papa Francesco – Angelus 23.07.17)

PAPAL’odierna pagina evangelica propone tre parabole con le quali Gesù parla alle folle del Regno di Dio. Mi soffermo sulla prima: quella del grano buono e della zizzania, che illustra il problema del male nel mondo e mette in risalto la pazienza di Dio (cfr Mt 13,24-30.36-43).

 Carissimi Fratelli e Sorelle,

Quanta pazienza ha Dio! Anche ognuno di noi può dire questo: “Quanta pazienza ha Dio con me!”. Il racconto si svolge in un campo con due opposti protagonisti. Da una parte il padrone del campo che rappresenta Dio e sparge il buon seme; dall’altra il nemico che rappresenta Satana e sparge l’erba cattiva.                                                           L’Angelus continua nell’ ALLEGATO

 

RICERCA E SACRIFICIO (Papa Francesco – Angelus 30.07.17)

Il discorso parabolico di Gesù, che raggruppa sette parabole nel capitolo tredicesimo del Vangelo di Matteo, si conclude con le tre similitudini odierne: il tesoro nascosto (v. 44), la perla preziosa (v. 45-46) e la rete da pesca (v. 47-48). Mi soffermo sulle prime due che sottolineano la decisione dei protagonisti di vendere ogni cosa per ottenere quello che hanno scoperto.

 Carissimi Fratelli e Sorelle,

 Nel primo caso si tratta di un contadino che casualmente si imbatte in un tesoro nascosto nel campo dove sta lavorando. Non essendo il campo di sua proprietà deve acquistarlo se vuole entrare in possesso del tesoro: quindi decide di mettere a rischio tutti i suoi averi per non perdere quella occasione davvero eccezionale. Nel secondo caso troviamo un mercante di perle preziose; egli, da esperto conoscitore, ha individuato una perla di grande valore. Anche lui decide di puntare tutto su quella perla, al punto da vendere tutte le altre.                                                                      L’Angelus continua nell’ ALLEGATO

MIGRANTI, ECCO IL CODICE DI CONDOTTA PER LE ONG (Vita.it)

25-7Ecco gli impegni che il Viminale ha stilato per regolare il soccorso in mare da parte delle organizzazioni umanitarie. Si tratta di 13 punti nei quali il Governo italiano ha condensato un Codice di condotta e che ha immediatamente spaccato il fronte delle ong impegnate nel soccorso in mare. Eccoli in sintesi.

  1. Non entrare nelle acque libiche, “salvo in situazioni di grave ed imminente pericolo” e non ostacolare l’attività della Guardia costiera libica.
  2. Non spegnere o ritardare la trasmissione dei segnali di identificazione.
  3. Non fare comunicazioni per agevolare la partenza delle barche che trasportano migranti.
  4. Attestare l’idoneità tecnica per le attività di soccorso. In particolare, viene chiesto alle ong anche di avere a bordo “capacità di conservazione di eventuali cadaveri”.
  5. Informare il proprio Stato di bandiera quando un soccorso avviene al di fuori di una  zona di ricerca ufficialmente istituita.
  6. Tenere aggiornato il competente Centro di coordinamento marittimo sull’andamento dei soccorsi.
  7. Non trasferire le persone soccorse su altre navi, “eccetto in caso di richiesta del competente Centro di coordinamento per il soccorso marittimo (Mrcc) e sotto il suo coordinamento anche sulla base delle informazioni fornite dal comandante della nave”.
  8. Informare costantemente lo Stato di bandiera dell’attività intrapresa dalla nave.
  9. Cooperare con il competente Centro di coordinamento marittimo eseguendo le sue istruzioni.
  10. Ricevere a bordo, su richiesta delle autorità nazionali competenti, “eventualmente e per il tempo strettamente necessario”, funzionari di polizia giudiziaria che possano raccogliere prove finalizzate alle indagini sul traffico.
  11. Dichiarare le fonti di finanziamento alle autorità dello Stato in cui l’ong è registrata.
  12. Cooperazione leale con l’autorità di pubblica sicurezza del previsto luogo di sbarco dei migranti.
  13. Recuperare, “una volta soccorsi i migranti e nei limiti del possibile”, le imbarcazioni improvvisate ed i motori fuoribordo usati dai trafficanti di uomini.

MEDICI SENZA FRONTIERE: IL SIGNIFICATO DI UN “NO” (Medici senza Frontiere)

25-6Medici senza Frontiere è sicuramente la più famosa tra le Ong impegnate nel salvataggio  di migranti che non ha sottoscritto il Codice voluto dal Governo italiano. Riportiamo la seconda parte della lettera, inviata al Ministro dell’Interno, dove si spiega nel dettaglio i motivi del rifiuto.

(…) Abbiamo sempre sottolineato che   l’Attività di Ricerca e Soccorso (SAR) in mare   ha il solo obiettivo di salvare vite in pericolo e che la responsabilità di organizzare e condurre questa attività risiede innanzitutto nelle istituzioni statali. L’impegno di MSF e delle altre organizzazioni umanitarie nelle attività SAR mira anzitutto a colmare un vuoto di responsabilità lasciato dai governi: auspichiamo che questo vuoto sia solo temporaneo e da tempo chiediamo agli Stati membri UE di creare un meccanismo dedicato e proattivo di ricerca e soccorso che integri gli sforzi compiuti dalle autorità italiane. Dal nostro punto di vista, il Codice di Condotta non riafferma con sufficiente chiarezza la priorità del salvataggio in mare, non riconosce il ruolo di supplenza svolto dalle organizzazioni umanitarie e soprattutto non si propone di introdurre misure specifiche orientate in primo luogo a rafforzare il sistema di ricerca e soccorso.                                             La lettera di MsF continua nell’ ALLEGATO

AVVISO DI GARANZIA PER DON MOSÈ ZERAI (Redazione + Avvenire)

25-5Un avviso di garanzia è stato notificato al sacerdote eritreo Mosè Zerai, candidato al Nobel per la pace nel 2015 e impegnato da anni negli aiuti umanitari ai profughi. Con l’iscrizione nel registro degli indagati, la Procura di Trapani, che conduce l’inchiesta sulla ong tedesca Jugend Rettet, lo accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”.
Le indagini che hanno portato al provvedimento, eseguite dalla Squadra mobile della città siciliana sarebbero cominciate, però, nel novembre scorso. Don Zerai, fondatore e presidente dell’agenzia di informazione Habeshia, “il salvagente dei migranti”, offre assistenza telefonica a chi si accinge a partire, avvertendo le autorità quando imbarcazioni che attraversano il Mediterraneo si trovano in difficoltà e hanno bisogno di un intervento di salvataggio. “Ho saputo solo lunedì dell’indagine – commenta il sacerdote – e voglio andare fino in fondo alla vicenda. Sono rientrato a Roma dall’Etiopia di proposito. In passato ricevevo moltissime telefonate ogni giorno – aggiunge – oggi invece ne ricevo molte meno e non saprei dire perché: il mio intervento però è sempre stato a scopo umanitario”.
Riportiamo un’intervista rilasciata a padre dal quotidiano Avvenire cinque giorni fa, nella quale chiarisce la sua posizione.

                                                                                      Riportiamo l’intervista a P. Zerai al quotidiano Avvenire nell’ ALLEGATO