Notiziario

HADDAD AL GOVERNO, LULA AL POTERE (Claudia FANTI)

ADISTABrasile
La strategia del PT per rendere «il popolo di nuovo felice» (da Adista)
Non è bastata la pioggia di ricorsi presentati dai legali di Lula al Tribunale superioreelettorale e alla Corte Suprema né un nuovo e ancor più incisivo pronunciamento del Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite, che ha ribadito l’obbligatorietà per il Brasile di garantire l’immediato esercizio dei diritti politici dell’ex presidente: la corsa di Lula alla presidenza del Paese si è definitivamente infranta contro la giustizia golpista, secondo un copione che era già stato scritto al momento della farsa giudiziaria allestita dal giudice Sergio Moro e dal Tribunale di appello di Porto Alegre.
Eppure, l’obbligata rinuncia di Lula a candidarsi alle presidenziali del 7 ottobre non ha il sapore della sconfitta, ma solo quello di un momentaneo arretramento. Per l’ex presidente,per il PT (Partito dei Lavoratori), per le forze progressiste e di sinistra è insomma l’ora della cosiddetta «strategia Perón»: il metodo, cioè, impiegato con successo da Juan Domingo Perón nel 1973, quando, dal suo esilio in Europa, sostenne con forza l acandidatura di Héctor Cámpora alla presidenza dell’Argentina, con lo slogan «Cámpora al governo, Perón al potere» (dopo la vittoria, Campora si sarebbe dimesso proprio per permettere a Perón di assumere la guida del Paese).     Continua nell’ ALLEGATO
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LA CHIESA NON CRESCE PER PROSELITISMO, MA PER ATTRAZIONE (Papa FrancescoAngelus 30/09/18)

1. papa-francesco-4Il Vangelo di questa domenica (cfr Mc 9,38-43.45.47-48) ci presenta uno di quei particolari molto istruttivi della vita di Gesù con i suoi discepoli. Questi avevano visto che un uomo, il quale non faceva parte del gruppo dei seguaci di Gesù, scacciava i demoni nel nome di Gesù, e perciò volevano proibirglielo.

Giovanni, con l’entusiasmo zelante tipico dei giovani, riferisce la cosa al Maestro cercando il suo appoggio; ma Gesù, al contrario, risponde: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi» (vv. 39-40).
Giovanni e gli altri discepoli manifestano un atteggiamento di chiusura davanti a un avvenimento che non rientra nei loro schemi, in questo caso l’azione, pur buona, di una persona “esterna” alla cerchia dei seguaci.     Continua nell’ ALLEGATO

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LE CHIESE DI NIAMEY UNITE NELLA PREGHIERA PER LA LIBERAZIONE DI P. GIGI

immagini.quotidiano.netCi scrive p. Vito GIROTTO per dirci che il vescovo della diocesi di Niamey ha chiesto ai cristiani che durante tutte le messe si preghi per la liberazione di p. Gigi, con queste parole:
Dio nostro Padre, tu ci hai chiamato alla libertà, e tuo Figlio Gesù si è sottomesso alla nostra condizione umana sofferente per togliere il peccato del mondo, accorda al tuo servo Pier Luigi, prigioniero nelle mani dei suoi rapitori, di ritrovare quella piena libertà che tu hai voluto donare a tutti i tuoi figli. E dài a questo nostro tempo la grazia della tua pace, per Gesù Cristo nostro Signore. Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, soccorrici. San Michele Arcangelo, difendici.”

Altre iniziative dei cristiani del Niger che ci segnala p. Vito:

  • I cristiani della Missione di p. Gigi, Bomoanga, hanno organizzato un pellegrinaggio sulla collina che sovrasta il villaggio, sopra il quale è stata eretta una croce;
  • a Makalondi due giovani pastori protestanti faranno una preghiera ecumenica per p. Gigi insieme ai cattolici.

Ricordiamo che i musulmani del Niger si sono uniti ai cristiani nella preghiera per la liberazione di p. Gigi, e hanno lanciato un appello affinché i suoi rapitori, seguendo il vero insegnamento dell’Islam, cessino ogni violenza e rispettino i diritti di ogni persona. Il manifesto del Comitato Interreligioso del Niger, che chiede la liberazione immediata e senza condizioni di p. Gigi, è affisso in varie parti della città e in vari edifici pubblici e privati, per invitare tutti a unirsi a questa campagna di preghiera e di pressione sui rapitori.
P. Vito, missionario SMA originario della diocesi di Padova, è il Parroco di Makalondi, che dista pochi km da Bomoanga. Come tutti gli altri preti e suore di quella zona, è trattenuto a Niamey, la capitale, per ragioni di sicurezza. Ma attraverso i suoi collaboratori e catechisti continua a seguire la sua comunità, e ad incoraggiare i suoi cristiani in questi momenti di prova.   Padre Walter MACCALLI

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SALMO 30 (31) – Preghiera per p. Gigi Maccalli

1Al maestro del coro. Salmo. Di Davide

2In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso;
per la tua giustizia salvami.
3Porgi a me l’orecchio,
vieni presto a liberarmi.
Sii per me la rupe che mi accoglie,
la cinta di riparo che mi salva.
4Tu sei la mia roccia e il mio baluardo,
per il tuo nome dirigi i miei passi.
5Scioglimi dal laccio che mi hanno teso,
perché sei tu la mia difesa.
6Mi affido alle tue mani;
tu mi riscatti, Signore, Dio fedele.
7Tu detesti chi serve idoli falsi,
ma io ho fede nel Signore.      Continua nell’ ALLEGATO

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LA SICUREZZA DEI SACERDOTI: UNA GRANDE SFIDA PER LA CHIESA AFRICANA

Kara (Agenzia Fides) – “Il continente africano sta diventando ostile ai sacerdoti ? Il numero di sequestri e omicidi ai danni di religiosi continua a crescere in modo sproporzionato, andando a turbare l’impegno di tanti operatori pastorali”: lo dice all’Agenzia Fides padre Donald Zagore, missionario SMA in merito alla triste vicenda che vede coinvolto il suo confratello, padre Luigi Maccalli, rapito in Niger.
“I continui sequestri in terra africana, soprattutto nella zona occidentale del Paese, non dovrebbero essere taciuti all’opinione pubblica. La grande mobilitazione dell’intera famiglia di Dio in Africa, religiosi e laici, deve spronare ulteriormente i nostri leader politici, garanti della sicurezza della popolazione, ad assumersi le loro responsabilità. Fino a quando questo non si verificherà, ogni tipo di iniziativa sembrerà superflua e inesistente”, rileva il teologo.
“In momenti di grande sofferenza come questi – prosegue – tutta Chiesa, famiglia di Dio, in Africa deve entrare in gioco. Nessuno escluso. Consapevole del fatto che siamo di fronte ad un fenomeno molto pericoloso, delicato e complesso per la Chiesa africana, la sicurezza dei sacerdoti rimane, oggi, una grande sfida. Quando un membro della famiglia soffre, l’intera famiglia soffre. E’ più che mai fondamentale rompere il silenzio per far sentire la propria voce dove è necessario”.
Secondo p. Zagore, “il problema della sicurezza dei preti nel continente africano deve rientrare tra gli argomenti fondamentali dei prossimi grandi incontri regionali e continentali della Chiesa in Africa. E’ necessario affrontare questo problema per trovare soluzioni adeguate per la protezione degli agenti pastorali”.    (DZ/AP) Agenzia Fides – 28/9/2018

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COSA PREVEDE IL DECRETO SALVINI SU IMMIGRAZIONE E SICUREZZA (da Internazionale)

Palazzo Chigi - Insediamento del Presidente del Consiglio Enrico LettaIl 24 settembre il consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il cosiddetto decreto Salvini su immigrazione e sicurezza. Il decreto si compone di tre titoli: il primo si occupa di riforma del diritto d’asilo e della cittadinanza, il secondo di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata; e l’ultimo di amministrazione e gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia.

Nei giorni precedenti all’approvazione si erano diffuse delle voci su possibili dissidi tra i due partiti di maggioranza, Lega e Movimento 5 stelle, ma il ministro dell’interno Matteo Salvini durante la conferenza stampa a palazzo Chigi ha voluto sottolineare che i cinquestelle hanno approvato senza riserve il suo progetto di riforma.
All’inizio i decreti avrebbero dovuto essere due: il primo sull’immigrazione e il secondo sulla sicurezza e sui beni confiscati alle mafie, poi nel corso dell’ultima settimana sono state fatte delle “limature” e i due decreti sono stati accorpati in un unico provvedimento. Il decreto dovrà ora essere inviato al presidente della repubblica Sergio Mattarella che a sua volta deve autorizzare che la norma sia presentata alle camere.     Continua nell’ ALLEGATO

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LA PRESENZA MILITARE AMERICANA IN AFRICA (SMA-notizie)

Microsoft Word - 1. Presenza Militare Americana Africa-1Nell’ottobre 2017 l’opinione pubblica americana è rimasta colpita dalla notizia dell’uccisione di 4 suoi soldati durante un’operazione militare di Africom in Niger. Fino ad allora il Pentagono aveva negato la presenza di militari in quel Paese del Sahel.

Alcuni mesi dopo, nel marzo 2018, il responsabile di Africom (Comando degli Stati Uniti in Africa), gen. T. Waldhauser, in una audizione al Congresso Americano ha comunicato parecchi dettagli sulla presenza militare USA nel continente. Creato 10 anni fa, Africom impiega attualmente 7.200 persone, tra civili e militari, nelle varie missioni in Africa.
Waldhauser ha richiamato lo schema che guida il Comando: By, With e Through. Le operazioni che vedono coinvolti gli americani, devono essere dirette da personale africano, con l’assistenza americana, per mezzo di una cooperazione delle due forze.
AFJN ha avuto accesso al testo completo dell’audizione del Generale, e nel suo sito traccia un quadro della presenza militare americana in Africa, aggiornata al 2018. AFJN (Africa Faith and Justice Network, Rete “Fede e Giustizia” per l’Africa) è una organizzazione americana, fondata da alcuni istituti missionari, tra cui la SMA, composta da attivisti ed esperti, che vigila sui rapporti che gli Stati Uniti intrattegono con l’Africa.     Continua nell’ ALLEGATO

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DI GENERAZIONE IN GENERAZIONE

La fede è una tensione che coinvolge l’essere umano in tutte le sue dimensioni: da quella spirituale a quella culturale e sociale. Cosa accade quando la sua trasmissione ‘di generazione in generazione’ si interseca con l’esperienza della migrazione, che a sua volta comporta profonde e plurime trasformazioni nella vita di chi ne è protagonista e mette in contatto con un contesto in cui anche le strutture dell’appartenenza religiosa devono essere ripensate?

libro-1La ricerca presentata in questo volume, promossa dagli Uffici Migrantes delle dieci diocesi lombarde, con la collaborazione e il sostegno della Fondazione Migrantes, e realizzata dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, affronta questo complesso tema partendo dalla diretta testimonianza di chi, a diverso titolo, ne è coinvolto. Da un lato, coloro che per ruolo istituzionale e tradizione culturale – come i genitori e i leader religiosi – hanno in carico la comunicazione della fede alle nuove generazioni; dall’altro, i giovani stessi, che di questo annuncio e di questa testimonianza sono anzitutto i destinatari. Realizzata mediante 150 interviste (di cui 7 a Crema) semistrutturate ad appartenenti alla religione cattolica, alle altre confessioni cristiane e alle religioni non cristiane delle dieci diocesi lombarde, l’indagine restituisce anzitutto i percorsi, i vissuti, i significati e le criticità della fede entro ciascuna tradizione e nelle comunità che la mantengono viva ‘in terra straniera’. Allo stesso tempo, offre un interessante spaccato della ‘società plurale’, mettendo in luce come i processi sociali complessi della secolarizzazione, della migrazione e della convivenza interetnica trasformino e siano a loro volta trasformati dal rapporto con il trascendente.

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NIGER, PARTE LA MISSIONE ITALIANA, IN COSA CI STIAMO CACCIANDO? (REMOCONTRO)

Microsoft Word - 1. Parte la missione italiana in NigerDopo mesi di incertezze, al via l’operazione italiana in Niger per l’addestramento delle forze impegnate nel contrasto ai trafficanti di uomini. I primi tre team sono già a Niamey, la capitale del paese del Sahel. La missione all’interno della base militare Usa, accanto all’aeroporto e, se il governo nigerino lo riterrà utile, in qualche caserma locale

Missione bilaterale di supporto Repubblica del Niger, ‘MISIN’
Niger, parte la missione italiana. «Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (con area geografica di intervento allargata anche a Mauritania, Nigeria e Benin) per incrementare le capacità di contrasto dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, in uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area e il rafforzamento delle capacità di controllo del territorio da parte delle autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel».
L’operazione, che fa parte del pacchetto di missioni all’estero approvate a gennaio dal vecchio parlamento, si era impantanata per lo stop del governo locale. Dietro a questo dietrofront quando nel paese erano già giunti 42 militari italiani, la Francia di Macron che con il paese del Sahel ha rapporti consolidati, retaggio dell’esperienza coloniale. Tra Parigi e Roma, la questione Libia. E i militari italiani rimasti bloccati per tutto questo periodo nella Air Base 101 americana. Un dettagliato punto della situazione lo fa Francesco Palmas su Analisi Difesa.     Continua nell’ ALLEGATO

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“GLI IMMIGRATI NON CI RUBANO IL LAVORO” SECONDO I MILLENNIALS (Migrantes on line)

Bologna – Gli immigrati non ci “rubano” il lavoro e non vanno necessariamente rimpatriati: ne sono convinti quasi nove millennials su dieci, intervistati da Radioimmaginaria, primo network radiofonico in Europa gestito da ragazzini tra gli 11 e i 17 anni, in occasione della terza edizione di Teen Parade, il festival del lavoro spiegato dagli adolescenti che si è svolto il 5 e 6 settembre a Bologna Fiere. “Da tre anni stiamo costruendo un percorso tematico costruito per invitare i nostri coetanei a superare le incertezze e insicurezze che accompagnano la fase di ingresso nel mondo del lavoro” affermano i ragazzi del network radiofonico che ormai conta 50 redazioni fra Italia e Europa.
I più giovani ritengono che l’occupazione immigrata e quella autoctona in Italia siano prevalentemente complementari: l’88,8% ha dichiarato a Radioimmaginaria che i migranti non rappresentano un ostacolo per l’inserimento nel mercato del lavoro e l’82,5% è contrario alla misura del rimpatrio.
Gli unici che si discostano da questo pensiero sono gli over 26, che si dimostrano più inclini a vedere il diverso come una minaccia e credono “sia più corretto fornire agli immigrati le condizioni più idonee nel loro Paese piuttosto che adattarli al nostro”.
Alla domanda: “Tu che consiglio daresti a chi si occupa della questione migratoria?” gli adolescenti rispondono auspicando l’integrazione. Per i teenager occorre “potenziare le strutture per l’accoglienza, cercare il supporto dell’Unione Europea e invitare i cittadini a proporre soluzioni creative per l’integrazione anche a livello locale”. E molti chiedono di ascoltare il proprio lato umano: “Se fossimo noi gli immigrati, vorremmo o no essere accolti?”.        Migrantes on line –  05.09.2018

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