Notiziario

SIRIA: PADRE DALL’OGLIO COMPIE OGGI 66 ANNI (Riccardo Cristiano)

5a. padre_dalloglioLa sorella Francesca: “vogliamo la verità dopo 7 anni lunghi e dolorosi”

Rapito a Raqqa il 29 luglio 2013 dall’Isis, padre Paolo Dall’Oglio è da allora uno dei circa 100mila siriani che sono stati inghiottiti in un buio impenetrabile. Gesuita, romano, appassionato del dialogo perché sapeva che il fondamentalismo è ritenere che fuori dalla propria verità di fede ci sono solo false credenze e quindi una falsa umanità, Dall’Oglio compierebbe oggi, 17 novembre 2020, 66 anni, sette dei quali li ha trascorsi, se li ha trascorsi, silenziato, impossibilitato a parlare e da troppo tempo non cercato, non ricordato.
La sorella, Francesca, ha scritto proprio in queste ore: «Oggi, 17 novembre 2020 ricorre il compleanno di mio fratello Paolo. 2665 giorni sono trascorsi dal suo sequestro in Siria nel luglio 2013.
Sette anni lunghi e dolorosi anche se sempre accompagnati dalla consapevolezza che Paolo si sentiva chiamato ad una missione che sentiva profondamente dentro di se e che come dice lui stesso: “Per ragioni che hanno a che vedere con l’impegno della mia vita, questa è una guerra civile che lacera la mia anima. Vorrei fare qualcosa per fermarla… Ma non voglio vivere una vita che sia altro da un dono radicale” Collera e Luce EMI 2013
La domanda di verità su ciò che è successo è un diritto ma è anche un dovere della comunità nazionale ed internazionale verso di lui e non solo.
Significa individuare le responsabilità e gettare le basi per una futura pacificazione
Per innestare i semi dell’armonia è necessario guarire tutte le ferite che in questi nove anni di conflitto si sono aperte, a partire dalla verità sulle migliaia di siriani scomparsi perché arrestati, sequestrati o peggio, uccisi.          Continua nell’ ALLEGATO

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NEL SUPERMERCATO ARRIVA LA SPESA SOSPESA (A.V.)

6a. Nel supermercato...L’iniziativa dei cittadini di Milano, zona Corvetto. Punto di riferimento il Carrefour, il supermercato il cui il direttore aveva pagato la spesa a un anziano che aveva rubato per fame. Così “l’onda” è nata sui social: in fondo basta qualche euro in più!

La solidarietà che chiama altra solidarietà. I social che amplificano l’effetto, in una stupenda eco virtuosa. Un’onda solidale sta travolgendo il Corvetto, dove alcuni cittadini hanno deciso di aprire un conto destinato a chi si trova in difficoltà economica, tanto da non riuscire a fare la spesa.
L’idea è nata dopo il gesto del direttore del Carrefour di corso Lodi, che la scorsa settimana aveva scelto di non denunciare un anziano che era stato sorpreso a rubare del pane e pochi altri generi alimentari nel suo punto vendita. Il manager aveva “bloccato” il vigilante, non aveva allertato le forze dell’ordine, aveva pagato di tasca sua e aveva detto all’uomo: “Se hai fame, la prossima volta vieni da me, non rubare”. La storia era poi stata raccontata sui social da un testimone e proprio sui social la voglia di fare del bene si è amplificata.
Così nei giorni scorsi è nata l’idea “Corvetto solidale”, una vera e propria raccolta fondi – sempre aperta – per fare in modo che chi ha bisogno abbia una sorta di salvadanaio dal quale attingere. “Visto i tempi che stiamo vivendo e visto l’approssimarsi del Natale, in accordo con il direttore del supermercato Carrefour di corso Lodi abbiamo pensato di creare una sorta di conto aperto dove ognuno può lasciare qualche euro per poter aiutare le persone momentaneamente impossibilitate a comperare alimenti di prima necessità”, ha raccontato uno dei promotori dell’iniziativa sui vari gruppi Facebook del quartiere.
L’idea è molto simile a quella della “spesa sospesa”, anche se chi vorrà potrà lasciare monete e banconote, ma non generi alimentari perché ci sarebbero problemi di conservazione e stoccaggio. “Per chi vorrà aderire, alla cassa centrale ci sarà a disposizione una busta con su scritto «Corvetto solidale»”, che servirà per raccogliere il denaro.
“Questi soldi verranno utilizzati quando se ne presenterà l’occasione. Pensionati che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, persone che hanno perso il lavoro, famiglie che attraversano un momento di difficoltà. Ovviamente – hanno concluso gli ‘organizzatori’ – ci auguriamo che servano il meno possibile ma così facendo abbiamo la possibilità di dare una mano”. E la solidarietà, quella sì, serve sempre.         – MILANOTODAY – 18.11.20

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Il Centro Missionario informa…

A – THE ECONOMY OF FRANCESCO     Locandina def

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B- CORSO GRATUITO DI ITALIANO

Corso italiano S. Bernardino

 

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C –  RITIRO DI AVVENTO

 Anche quest’anno, nonostante la non facile situazione, si terrà l’abituale Ritiro di Avvento vissuto insieme all’Azione Cattolica, alla Caritas, alla Commissione Liturgia e all’Ufficio Migrantes. Come ormai siamo abituati, sarà in linea.

Avrà luogo domenica 29 novembre, con inizio alle ore 15.

 Sarà guidato da Suor M. LUISA CICERI suora Adoratrice del Santissimo Sacramento e maestra delle novizie presso la casa madre di Rivolta D’Adda.

Il titolo: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Isaia, 63, 19b)

Nei prossimi giorni verranno date indicazioni molto semplici per iscriversi.

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

                                      abbiamo voluto aprire questo numero della Comunicazione  con due fotogrammi tratti da uno dei filmati più drammatici che la cronaca di questi giorni ci abbia offerto. E a commento ci sono le parole disperate urlate dalla madre alla ricerca di quel figlio di solo sei mesi…
Immaginate, una notte – scrive Marina Corradi su Avvenire di ieri – di avere un incubo. Vi trovate in alto mare, sotto a un cielo color piombo. Siete rimaste sole su gommone che si è appena rovesciato, fra onde minacciose. Vi riprendete, ma vi ritrovate con le braccia vuote. E il bambino, mio Dio, il bambino di sei mesi che tenevate stretto come un tesoro? ‘Dov’è il mio bambino? Ho perso il mio bambino! Dov’è il mio bambino?’, gridate, e in quel momento vi svegliate, il cuore a cento all’ora. Ma non è un incubo, è tutto vero. Nel Mediterraneo, l’altro ieri. Un gommone con cento a bordo naufragato, Open Arms l’unica nave in soccorso, sei i morti accertati. Fra cui Joseph, sei mesi. Prologo, questa tragedia, a un’altra, di ieri: settantaquattro morti al largo di Khums, in Libia. Un nuovo massacro che non troverà molto spazio sui giornali.
Noi madri, padri, nonni, sappiamo tutti bene com’è un bambino di sei mesi, leggero ancora fra le braccia, gli occhi spalancati e curiosi, e i gorgoglii, e i sorrisi (sorridono, a quell’età, come se credessero in un mondo bellissimo). Provate, con uno di questi vostri bambini in braccio, a immaginare di salire su un gommone malmesso, stracarico, in un mare agitato. Come si fa a esporre un neonato al sole a picco dell’estate, alla sete, o alle tempeste dell’autunno e dell’inverno?          Continua nell’ ALLEGATO

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UNA VITA DI CARITÀ PREPARA ALL’INCONTRO CON DIO (Angelus, 08-11-2020)

1a. AngelusIl brano del Vangelo di questa domenica (Mt 25,1-13) ci invita a prolungare la riflessione sulla vita eterna, iniziata in occasione della Festa di Tutti i Santi e della Commemorazione dei fedeli defunti. Gesù narra la parabola delle dieci vergini invitate a una festa nuziale, simbolo del Regno dei cieli.

Ai tempi di Gesù c’era la consuetudine che le nozze si celebrassero di notte; pertanto il corteo degli invitati doveva procedere con le lampade accese. Alcune damigelle sono stolte: prendono le lampade ma non prendono con sé l’olio; quelle sagge, invece, assieme alle lampade prendono anche dell’olio. Lo sposo tarda, tarda a venire, e tutte si assopiscono. Quando una voce avverte che lo sposo sta per arrivare, le stolte, in quel momento, si accorgono di non avere olio per le loro lampade; lo chiedono alle sagge, ma queste rispondono che non possono darlo, perché non basterebbe per tutte. Mentre le stolte vanno a comprare l’olio, arriva lo sposo. Le ragazze sagge entrano con lui nella sala del banchetto, e la porta viene chiusa. Le altre arrivano troppo tardi e vengono respinte.
È chiaro che con questa parabola, Gesù ci vuole dire che dobbiamo essere preparati all’incontro con Lui. Non solo all’incontro finale, ma anche ai piccoli e grandi incontri di ogni giorno in vista di quell’incontro, per il quale non basta la lampada della fede, occorre anche l’olio della carità e delle opere buone. La fede che ci unisce veramente a Gesù è quella, come dice l’apostolo Paolo, «che si rende operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6). È ciò che viene rappresentato dall’atteggiamento delle ragazze sagge. Essere saggi e prudenti significa non aspettare l’ultimo momento per corrispondere alla grazia di Dio, ma farlo attivamente da subito, cominciare da adesso. “Io… sì, poi più avanti mi convertirò…” – “Convertiti oggi! Cambia vita oggi!” – “Sì, sì… domani”. E lo stesso dice domani, e così mai arriverà. Oggi! Se vogliamo essere pronti per l’ultimo incontro con il Signore, dobbiamo sin d’ora cooperare con Lui e compiere azioni buone ispirate al suo amore.          Continua nell’ ALLEGATO

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SIAMO TUTTI FRATELLI, ANCHE I MIEI CARCERIERI (I.De Bonis – G. Rocca)

2a. padre-GIGIIn questa intervista Gigi Maccalli liberato in Mali dice: «Non sento di essere ancora tornato a casa: casa mia è a Bomoanga in Niger».

«Quello che ho potuto fare in questi due anni di prigionia è stato umanizzare le relazioni con i miei carcerieri, che erano ragazzi giovani: è stato un vivere relazioni umane. A chi aveva mal di denti ho dato un paracetamolo, una medicina per alleviare il dolore. Con un altro abbiamo avuto uno scambio, perché voleva imparare a leggere e scrivere i numeri in francese e ogni sera veniva da me e ripeteva la lezione. E poi ecco: per sigillare questo patto di fraternità ha voluto il mio zaino e io ho preso il suo».
A parlare in questa lunga intervista rilasciata ieri a Popoli e Missione, nella sede della Congregazione missionaria cui appartiene, la SMA a Roma, è padre Gigi Maccalli, missionario di Crema rapito in Niger due anni fa e rilasciato l’8 ottobre scorso in Mali.
«Voi dite che sono tornato a casa, ma io posso assicurarvi che non sono ancora arrivato a casa mia. Casa mia è a Bomoanga, in Niger».
Padre Gigi non trattiene le lacrime quando parla della sua comunità di Bomoanga e confida i suoi sentimenti più profondi, raccontandoci il senso della condivisione, persino in prigionia.
«Non c’è richiesto di fare miracoli in questa vita, ma di vivere la fraternità nel quotidiano. Portare l’umanità di quanti incontriamo, e poi Dio fa grandi cose: Dio divinizza».          Continua nell’ ALLEGATO

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A KINSHASA SI DISCUTE, NEL KIVU SI MUORE (Raffaello Zordan)

A file photograph shows an armed soldier from Congo's UPC rebel group standing guard at Barriere villageMentre il presidente Tshisekedi ha avviato una serie di consultazioni a largo raggio per tentare di scrollarsi di dosso la tutela di Kabila, nel nordest si susseguono i raid di gruppi armati. La testimonianza del comboniano Gaspare Di Vincenzo.

 Uno dei punti qualificanti del programma di Félix Tshisekedi, eletto due anni fa presidente della Repubblica democratica del Congo, era di portare la stabilità del nordest del paese, in particolare nelle province del Sud Kivu, Nord Kivu e Ituri. Province ricche di risorse minerarie e terreno di disputa di numerose milizia armate, alcune delle quali al soldo di Rwanda e Uganda.
Padre Gaspare Di Vincenzo, comboniano che lavora a Butembo (Nord Kivu), dice a Nigrizia: «Qui la situazione continua a essere disastrata. Ci sono attacchi continui e massacri che colpiscono la popolazione. L’ultimo è stato venerdì 30 ottobre: ci sono stati 19 morti alla porte della cittadina di Butembo. Il gruppo armato che ha colpito proveniva dalla valle del Graben, al confine con l’Uganda».
Questo sta accadendo perché il mandato di Tshisekedi è fortemente condizionato dalla coalizione dell’ex presidente Joseph Kabila, che ha la maggioranza sia alla camera sia al senato e che non ha certo tra le priorità quella di stabilizzare l’area del nordest.
Kabila infatti si è sempre guardato dall’interferire con le mire del regime rwandese di Kagame sulla Rd Congo. Ma è stato Tshisekedi a sceglierselo come alleato alla vigilia delle elezioni del 2018, che poi si sono svolte all’insegna del disprezzo degli elettori e della falsificazione dei risultati delle urne.          Continua nell’ ALLEGATO

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PADRE SORGE, GESUITA DI FERRO (Domenico AGASSO Jr)

4a. padre_sorgeÈ morto il 2 novembre a 91 anni il teologo e politologo gesuita padre Bartolomeo Sorge. E’ stato direttore della rivista la Civiltà Cattolica dal 1973 al 1985 e ha lavorato all’organizzazione del primo grande convegno della chiesa italiana, nel 1976, sul tema “evangelizzazione e promozione umana”. È stato protagonista della “Primavera di Palermo” contro la mafia. Pubblichiamo un’intervista, realizzata da La Stampa, alcune settimane prima della sua improvvisa scomparsa.

Bartolomeo Sorge, teologo e politologo gesuita è mancato a Gallarate (Varese), nella dimora per Gesuiti anziani in cui aveva trascorso gli ultimi anni il cardinale Carlo Maria Martini. Esperto di dottrina sociale della Chiesa, ha diretto le riviste La Civiltà Cattolica, Aggiornamenti sociali e Popoli. È stato ispiratore e protagonista della «Primavera di Palermo», il periodo storico del capoluogo siciliano dalla seconda metà degli anni 80 fino all’inizio dei 90, contraddistinto dal fiorire di iniziative sociali – tra cui il suo istituto di formazione politica Pedro Arrupe – e dalla nascita di associazioni e comitati. Diffondere la cultura della legalità per liberare la terra siciliana dal giogo mafioso, era la sua missione.
Padre Sorge, come sta vivendo questi tempi difficili per la Chiesa scossa da investimenti spericolati e da presunta corruzione?
Li affronto con la preghiera nella mia “clausura” dettata dal coronavirus. Prego soprattutto per sostenere Papa Francesco. Ne ha bisogno. La Chiesa tutta dovrebbe manifestargli profonda, grata, sincera e coerente vicinanza.          Continua nell’ ALLEGATO

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CI HA LASCIATO FRATEL ELIO (A cura del Centro Missionario Diocesano)

fratel-elio-croce-1024x798Si è spento a 74 anni il missionario comboniano fratel Elio Croce. Colpito dal coronavirus era stato trasferito nelle scorse settimane da Gulu (Uganda), dove operava da mezzo secolo, alla capitale Kampala. Pur essendo originario di Moena, contava, in virtù del profondo legame con Padre Pizzi, nella nostra diocesi molti amici, che oggi lo piangono commossi e riconoscenti  per il bene che ha fatto.

Il tratto più caratteristico di fratel Elio era la simpatia: immediata, coinvolgente e subito corrisposta. Ti sorprendeva la sua rude scorza montanara che si stemperava su un viso che ricordava il Sean Connery maturo e perfettamente a suo agio nel film “Il nome della rosa” e alla fine ti conquistava con una di quelle sue battute, spesso in dialetto, con le quali sapeva sdrammatizzare anche le situazioni più difficili.
Nato a Moena, in Trentino, si era diplomato perito metalmeccanico per poi specializzarsi nella manutenzione e riparazione di apparecchiature a raggi X ed elettromedicali. Entrato a far parte della famiglia dei Missionari Comboniani, aveva voluto rimanere “fratello” per mettere a disposizione degli altri le sue competenze tecniche.
Partito per la missione nel 1971, la sua destinazione fu fin dall’inizio l’Uganda, fermandosi a Gulu, nella zona settentrionale del Paese e impegnandosi sul fronte dell’assistenza sanitaria. Fu così che incrociò i coniugi Piero Corti, pediatra brianzolo e Lucille Teasdale, chirurgo pediatrico canadese ed insieme riuscirono a trasformare un piccolo presidio sanitario comboniano nel più grande ospedale senza scopo di lucro dell’Africa equatoriale, il St. Mary’s Lacor, per l’appunto, che oggi ha 600 dipendenti ugandesi e cura ogni anno 250mila persone, di cui l’80% sono donne e bambini, i più colpiti dalla povertà e dalle durissime condizioni di vita. Assunse così l’incarico, poi mantenuto fino alla fine, di responsabile dei servizi e della manutenzione dell’ospedale, eseguendo riparazioni e nuove installazioni.            Continua nell’ ALLEGATO

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