BILAL A NIAMEY. IL NIGER COME CASA DI SABBIA. (Mauro ARMANINO)

3. BilalUna finestra sul Niger

È nato in Libia da una madre che ha cercato di togliersi la vita dopo il parto. Salvata da un miracolo di passaggio l’ha in seguito chiamato Bilal perché è nato al settimo mese. Salvato dalle acque, del mare Mediterraneo porta solo l’allusione. Bilal è un nome arabo che significa ‘acqua e freschezza’. Sua madre vive adesso a Niamey, assieme ad altre centinaia di rifugiati che le prigioni libiche detenevano torturando. A quattordici anni era fuggita dall’Etiopia, con un’amica di sedici, dopo aver perso tutto in patria. Già nel vicino Sudan avevano subito ricatti e violenze senza fine da parte di ‘passeurs’ (organizzatori di trasporto clandestino di persone oltre confine n.d.r.) criminali. Nel viaggio verso la Libia l’amica muore e lei, raggiunto il Paese, scopre di essere incinta. La creatura di sabbia nasce al settimo mese e lei cerca di togliersi la vita. La salva Bilal. Per ora la sua casa è a Niamey. Una casa di sabbia, precaria come la sua vita, grazie al servizio delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che ha come simbolo due mani a forma di casa. Bilal, con sua madre, abitano proprio sotto quelle due mani di acqua fresca.

Dovete capire
che nessuno mette i figli su una barca
a meno che l’acqua non sia più sicura della terra …(Dalla poesia HOME, della somala Warsan Shire)      Continua nell’ ALLEGATO

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