“RESTIAMO UMANI”

2. Restiamo UmaniNella settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, cattolici ed evangelici lanciano un appello comune: “Sull’immigrazione si deve cambiare linguaggio e intervenire: salvare chi è in pericolo, ampliare i corridoi umanitari, aprire nuove vie di ingresso regolare”.

In occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, cattolici e protestanti italiani lanciano un appello comune perché si continui a vivere uno spirito di umanità e di solidarietà nei confronti dei migranti.
Se per tutti è un dovere nei confronti di chi abbandona il proprio Paese rischiando la vita nel deserto e nel mare, per i cristiani si tratta di un obbligo morale. È per questo che, durante la settimana dedicata all’unità dei cristiani, che viene osservata in questi giorni (18-25 gennaio) in tutto il mondo, abbiamo sentito la necessità di unire le nostre voci, così come insieme abbiamo lavorato in tante occasioni nel campo dell’immigrazione, permettendo la realizzazione dei primi corridoi umanitari, avviati da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Tavola Valdese, Cei e Caritas italiana.     Continua nell’ ALLEGATO

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BILAL A NIAMEY. IL NIGER COME CASA DI SABBIA. (Mauro ARMANINO)

3. BilalUna finestra sul Niger

È nato in Libia da una madre che ha cercato di togliersi la vita dopo il parto. Salvata da un miracolo di passaggio l’ha in seguito chiamato Bilal perché è nato al settimo mese. Salvato dalle acque, del mare Mediterraneo porta solo l’allusione. Bilal è un nome arabo che significa ‘acqua e freschezza’. Sua madre vive adesso a Niamey, assieme ad altre centinaia di rifugiati che le prigioni libiche detenevano torturando. A quattordici anni era fuggita dall’Etiopia, con un’amica di sedici, dopo aver perso tutto in patria. Già nel vicino Sudan avevano subito ricatti e violenze senza fine da parte di ‘passeurs’ (organizzatori di trasporto clandestino di persone oltre confine n.d.r.) criminali. Nel viaggio verso la Libia l’amica muore e lei, raggiunto il Paese, scopre di essere incinta. La creatura di sabbia nasce al settimo mese e lei cerca di togliersi la vita. La salva Bilal. Per ora la sua casa è a Niamey. Una casa di sabbia, precaria come la sua vita, grazie al servizio delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che ha come simbolo due mani a forma di casa. Bilal, con sua madre, abitano proprio sotto quelle due mani di acqua fresca.

Dovete capire
che nessuno mette i figli su una barca
a meno che l’acqua non sia più sicura della terra …(Dalla poesia HOME, della somala Warsan Shire)      Continua nell’ ALLEGATO

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DI MAIO E DI BATTISTA: TERZOMONDISTI DILETTANTI (Raffaele Masto)  

4. Di Maio CFALe accuse di Di Maio e Di Battista alla Francia colpevole di favorire l’immigrazione africana in Europa con lo sfruttamento delle sue ex colonie, più che la denuncia di un paese sfruttatore e tiranno sembrano una sorta di ripicca. In realtà ciò che Di Maio e Di Battista dovrebbero denunciare è un sistema, un modello che coinvolge non solo le due più grandi potenze coloniali ma un po’ tutte le potenze occidentali e non solo, Italia del loro governo compresa.

L’Italia del governo giallo-verde, fin dai suoi albori non ha avuto un buon rapporto con la Francia di Macron. Ora i due esponenti 5 Stelle sono passati alle accuse dirette, con un semplicismo e un dilettantismo inquietanti. La Francia, con l’Unione Monetaria del Franco CFA – dicono – mantiene il cappio al collo a 14 paesi del continente. Vero, ma oggi c’è l’Euro e quella parità con la moneta francese coinvolge tutti i paesi che adottano questa moneta, Italia giallo-verde compresa.

Di Maio e Di Battista non dicono che se la Francia è colpevole di non voler perdere posizioni in Africa, altri paesi europei non sono da meno. La Francia, alla fine del colonialismo, fece il sistema del Franco CFA, la Gran Bretagna fece il Commonwealth, che coinvolge ben 53 paesi. Insomma le due grandi potenze coloniali adottarono due modi diversi per mantenere la loro influenza sulle nazioni del loro ex impero.    Continua nell’ ALLEGATO

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CONTESTA LA VITTORIA DI TSHISEKEDI NELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI (Redazione)

5. Elezioni in CongoAfrica – Congo

Prima i governi di Belgio e Francia, poi i vescovi hanno messo in dubbio i risultati delle elezioni. Si pensa ad un accordo tra Tshisekedi e Kabila. Si aspettano le elezioni di marzo che si svolgeranno nelle regioni del Congo sconvolte dall’epidemia di ebola e dalla guerra tra bande. La democrazia è un lento percorso e la Chiesa è pronta ad agevolarlo con la sua presenza.

Nella notte tra il 9 e il 10 gennaio la Commissione Elettorale Nazionale Indipendente (CENI) ha proclamato vincitore delle elezioni presidenziali congolesi del 30 dicembre Félix Tshisekedi. Questi ha ottenuto poco più di 7 milioni di voti (38,57℅) davanti a Martin Fayulu Madidi (che ha ottenuto il 34,83% dei voti espressi) e al candidato del partito del Presidente uscente, Joseph Kabila, Emmanuel Ramazani Shadary che ha ottenuto il 23,84%.
Félix Tshisekedi è il figlio dello storico oppositore congolese, Étienne Tshisekedi, scomparso a Bruxelles il 1° febbraio 2017. La sua vittoria però è stata subito contestata dall’altro principale candidato dell’opposizione, Martin Fayulu Madidi, il quale afferma che i risultati sono stati manipolati.         Continua nell’ ALLEGATO

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LE INGERENZE ESTERNE IN VENEZUELA APRONO SCENARI INQUIETANTI (Gwynne Dyer)

Am6. Venezuelaerica latina – Venezuela

Evidentemente la decisione di proporre Juan Guaidó come presidente alternativo a Nicolás Maduro in Venezuela non è stata presa a Caracas, ma a Washington. La rapidità con cui gli alleati degli Stati Uniti nel continente americano e in Europa occidentale hanno riconosciuto l’autoproclamazione di Guaidó dello scorso 23 gennaio non sarebbe mai stata possibile senza un coordinamento precedente e una forte pressione da parte dell’amministrazione Trump.

Il fatto che i governi di destra nei paesi dell’America Latina, dalla Colombia al Brasile, si siano accodati al tentativo di Trump di rovesciare un governo di sinistra non è sorprendente. Il sostegno del nuovo presidente neofascista brasiliano, Jair Bolsonaro, era particolarmente scontato. Ma è inquietante notare come anche il Canada, il Regno Unito, la Francia, la Germania e la Spagna abbiano appoggiato questo tipo di ingerenza negli affari interni di un altro paese.     Continua nell’ALLEGATO.

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DALL’EGITTO AL PAKISTAN, QUANDO GLI IMAM PROTEGGONO I CRISTIANI (Giulia Cerqueti)

Asia – Medio Oriente

7. Dall'Egitto al PakistanAl Cairo, il 5 gennaio, lo sheikh Saad Askar ha sventato un attentato in una chiesa copta. Negli stessi giorni, oltre 500 guide spirituali islamiche pakistane hanno firmato la Dichiarazione di Islamabad contro la discriminazione religiosa, a difesa di tutte le minoranze, con un riferimento particolare ad Asia Bibi.

«Dobbiamo restare vicini, prenderci cura l’uno dell’altro. Quanti vogliono colpire i luoghi di culto, non hanno religione. Non sono musulmani, né cristiani». E’ un messaggio forte, di grande speranza, quello lanciato dall’imam egiziano Saad Askar, ripreso dall’agenzia Asianews. Un richiamo al dialogo e all’unità tra fedeli di diverse religioni in un Paese che vive sotto la minaccia del terrorismo.     Continua nell’ ALLEGATO  

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LEBBRA: CONOSCERLA PER COMBATTERLA (Giovanni Gazzoli)

8. LebbraDomenica scorsa, ultima del mese di gennaio, è stata celebrata come Giornata mondiale contro la lebbra. Una malattia ancora lontana dall’essere debellata, anche perché per eliminarla c’è bisogno di migliorare le condizioni socio-economiche della popolazione.

Una battaglia non ancora vinta
La lebbra è ancora oggi un problema sanitario importante in vari Paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina, dove persistono condizioni socio economiche precarie che favoriscono la trasmissione della malattia.
Chiaramente, da quando si dispongono farmaci efficaci, la strategia principale per il controllo della malattia si basa sulla diagnosi precoce e il trattamento, ma nella storia.       Continua nell’ ALLEGATO

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GESÙ IN COMUNIONE CON LA FOLLA E IN COMUNIONE CON IL PADRE. (Papa FRANCESCO – Angelus 13/01/19

1. Angelus 13.01.19Oggi, al termine del Tempo liturgico del Natale, celebriamo la festa del Battesimo del Signore. La liturgia ci chiama a conoscere più pienamente Gesù del quale, da poco, abbiamo celebrato la nascita; e per questo il Vangelo (cfr Lc 3,15-16.21-22) illustra due elementi importanti: il rapporto di Gesù con la gente e il rapporto di Gesù con il Padre.

Nel racconto del battesimo, conferito da Giovanni il Battista a Gesù nelle acque del Giordano, vediamo anzitutto il ruolo del popolo. Gesù è in mezzo al popolo. Esso non è solamente uno sfondo della scena, ma è una componente essenziale dell’evento. Prima di immergersi nell’acqua, Gesù si “immerge” nella folla, si unisce ad essa assumendo pienamente la condizione umana, condividendo tutto, eccetto il peccato.      Continua nell’ ALLEGATO

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QUATTRO MESI DI PRIGIONIA PER PADRE MACCALLI: CONTINUA LA SUA “AVVENTURA DI FEDE E DI SPERANZA”

2. Quattro mesi NigerAfrica – Niger

“Ieri 17 gennaio, nelle Messe nella diocesi di Niamey, tutte le comunità di fedeli hanno ricordato i 4 mesi dal rapimento di padre Gigi Maccalli. Abbiamo anche ricordato e pregato a 4 anni dall’incendio di chiese e templi cristiani a Zinder e a Niamey, avvenuto il 16 e 17 gennaio 2015, dopo le manifestazioni di sostegno per l’uccisione dei giornalisti di Charlie Ebdo in Francia”: lo scrive all’Agenzia Fides padre Vito Girotto della Società per le Missioni Africane (SMA), missionario a Niamey.   

Durante l’offertorio della Messa di ieri – continua il missionario – è stata presentata una grande croce che ricorda quella che p. Gigi sta portando nella sua dolorosa esperienza di prigionia. Abbiamo presentato 4 candele accese per ricordare i quattro mesi in cui il nostro confratello vive la sua avventura di fede e di speranza unita alla nostra. Il pane e il vino, che vengono benedetti per la Messa, hanno simboleggiato il sacrificio che Gigi vive, celebrando l’offerta della sua vita che invochiamo sia presto libera”. P. Girotto riferisce: “Ho notato con gioia che quasi tutti i fedeli hanno imparato a memoria la preghiera per la sua liberazione che ripetiamo in modo incessante da 122 giorni, nella speranza che il Signore ci ascolti e protegga il nostro confratello”, conclude il missionario.                       VG/AP – Agenzia Fides – 18/1/2019

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PARROCO A BAGHDAD: LA SOLIDARIETÀ DEI MUSULMANI VINCE L’ODIO E LE DIVISIONI (p. Albert Hisham Naoum)

3. BaghdadAsia – Irak

Il sacerdote, ricordando la polemica divampata nei giorni scorsi attorno alle parole del gran muftì della Repubblica, che aveva invitato i musulmani a non festeggiare il Natale e il Capodanno perché “cristiani”, si rivolge ai musulmani che lottano contro quanti fomentano l’intolleranza, ringraziandoli.  Ogni cittadino deve riscoprire la propria “essenza originaria” e tornare all’infanzia “innocente”, in cui i bambini giocano assieme senza guardare alla fede. Molti musulmani aiutano nella ricostruzione delle chiese distrutte dai fondamentalisti. Ecco, di seguito, la lettera di p. Albert inviata ad AsiaNews.

«Le dichiarazioni del gran muftì della Repubblica e del capo del movimento sciita irakeno, in merito al divieto di fare gli auguri ai cristiani per le feste di Natale e Capodanno, hanno sollevato una ondata di indignazione non solo fra gli stessi cristiani, ma pure fra i musulmani del Paese.    Continua nell’ ALLEGATO

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