L’UGANDA E LA SFIDA DELLA DEMOCRAZIA (Giulio Albanese)

3a. museveni-e-wine. Il vecchio patriarca e il rapperIl clima elettorale in Uganda è incandescente in vista delle  lezioni presidenziali e parlamentari in programma il prossimo 14 gennaio. Il giudizio dell’Unione europea (Ue) è severo: non invierà osservatori elettorali, perché le sue precedenti raccomandazioni, volte ad assicurare elezioni libere e democratiche, non sono state recepite. A pensarla così sono in molti, in particolare nell’ambito della società civile, soprattutto da quando la campagna elettorale è diventata sempre più violenta. Ma per comprendere cosa realmente sta avvenendo in quella che un tempo era considerata la «Perla d’Africa», occorre tornare indietro con la moviola della storia.

 Chi scrive era nella capitale ugandese Kampala quando, il 29 gennaio del 1986, Yoweri Kaguta Museveni, giurò come presidente sulla gradinata antistante il palazzo del Parlamento, dopo aver preso il potere con le armi. Con i suoi uomini dell’Esercito di resistenza nazionale (Nra), aveva
appena sgominato i suoi nemici, grazie soprattutto al sacrificio di migliaia di bambini soldato, i kadogos (piccoli), che costituivano l’ossatura dell’armata di liberazione. Era così riuscito a destituire il Consiglio militare presieduto dal generale Tito Lutwa Okello il quale, a sua volta, nel luglio dell’anno precedente, aveva rovesciato il regime di Apollo Milton Opeto Obote.              Continua nellALLEGATO

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