ALBANESE. POI “ITALIANA”. MA SOLO PER GLI AMICI (Marco Zatterin)

34-1Anni fa, ma non troppi anni fa, durante un convegno organizzato da una think tank (Gruppo di analisi delle politiche pubbliche) di Place de Luxembourg, a Bruxelles, incontro una stagista “italiana”. Mi accoglie e si offre di accompagnarmi sino alla sala. È gentile. Ha l’aria serena. Determinata. Competente.

Rispondendo a domande di circostanza, racconta di aver appena   avuto un contratto per qualche mese dalla think-tank, pagata neanche male.
Le chiedo di dove sia è lei dice: “Sono albanese”.
Sorprendente è la risposta, perché si esprime con una proprietà straordinaria e senza alcun accento. Domanda inevitabile: come mai parli italiano così bene?
Parte la storia.
È arrivata in Puglia nel 1996 o giù di lì, quando era bambina. Ha fatto le elementari in Italia. Le medie. Il liceo. Si è laureata con 100 dieci e lode. Parla naturalmente italiano, ha nozioni del dialetto locale (quello che mette le “e” al posto delle “a”) e in più conosce il francese, l’inglese e, naturalmente, la sua lingua madre, l’albanese.
“E non sei italiana?”.
“No. Non ci sono riuscita”.
Segue la cronaca della battaglia a colpi di richieste per un passaporto mai ottenuto. Del calvario delle richieste periodiche per non essere espulsa. Lamenta i guai connessi all’essere a Bruxelles, considerata da amici e datori di lavoro “italiana”, ma trattata dalla legge come una “extracomunitaria”. Tutto è molto complesso per lei, assicura, ma non c’è scelta e “con un po’ di fatica” ce la si fa, alla fine.
Sorride, saluta e se ne va, lasciando un branco di domande sospese nell’aria.
Ma quanto ci vuole per diventare italiani? E quanti esami si devono passare? E quante garanzie si devono dare? E non è assurdo essere considerati “italiani” da tutti meno che dalla legge?  La cittadinanza è un diritto che si ottiene per nascita e per forza delle proprie conquiste. Deve essere data a chiunque la meriti e abbia dimostrato di meritarla.
È una questione di giustizia e di etica da parte di chi la cittadinanza ce l’ha. Il resto sono polemiche da cortile. Di politici che cavalcano le paure invece che dar loro delle risposte come dovrebbero. Di uomini non sapiens che credono di poter migliorare la propria vita negando diritti a chi ha tutto il titolo per farli propri.                                                                                                                                                                                                                         Marco ZATTERIN – La Stampa – 25 giugno 2017