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Notiziario – Buone notizie

LA DONNA DELL’ANNO, È TRIS DI VINCITRICI (ANSA)

Presentazione del 20/mo Premio internazionale "La donna dell'anno"Protagoniste di questo Premio sono donne straordinarie e coraggiose che, in tutto il mondo, si impegnano, anche a costo della propria vita, per difendere e dare voce a milioni di donne maltrattate, sfruttate e private dei diritti fondamentali della persona. Diciamo no alla violenza in ogni sua forma di manifestazione è stato l tema centrale della ventesima edizione del Premio, nato con l’intento di valorizzare il ruolo delle donne nella società, nella cultura, nel mondo del lavoro, nella politica, nella comunicazione, nelle arti e nello spettacolo.

La somala Waris Dirie, l’argentina Margarita Meira e la nigeriana Isoke Aikpitanyi sono le vincitrici ex aequo del premio ‘La Donna dell’Anno’, giunto alla ventesima edizione e promosso dal Consiglio regionale della Valle d’Aosta con il patrocinio della Camera dei Deputati e del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. “Le loro storie particolarmente toccanti parlano di sofferenze tali da non aver consentito una scelta, correndo il rischio di stilare una sorta di graduatoria del dolore cui sono state sottoposte”, sottolinea la giuria.
La proclamazione delle vincitrici è avvenuta al centro congressi del Grand Hotel Billia di Saint-Vincent.
Waris Dirie è una modella somala, attivista contro le mutilazioni genitali femminili; Margarita Meira ha creato un’associazione contro lo sfruttamento sessuale;
Isoke Aikpitanyi è riuscita a liberarsi dallo sfruttamento e ora aiuta le ragazze che hanno seguito la sua stessa sorte.
Madrina della ventesima edizione del Premio è stata la cantante maliana Inna Modja, anche lei in prima linea nella lotta contro la violenza sulle donne.
“Una giovane che, dopo essere stata venduta e sfruttata, ha ritrovato la sua dignità e oggi, cresciuta, prosegue nella sua strada verso l’indipendenza tornando nella sua terra natia per impedire altri orrori (Isoke). Un fiore del deserto miracolosamente sopravvissuto alla tortura che si batte per fermare una tradizione aberrante senza cercare eroi, ma insegnando che ognuno può contribuire a cambiare e migliorare il mondo (Waris). Una mamma che non può più stringere a sé la figlia vittima della tratta ed accoglie tra le sue braccia le ragazze che rischiano di subire la stessa sorte, incurante delle conseguenze per la sua stessa vita (Margarita). Tre donne eccezionali, tre storie molto emozionanti, di grande sofferenza ma di altrettanto riscatto. Impossibile effettuare una scelta: Isoke Aikpitanyi, Waris Dirie e Margarita Meira, con la loro vita spesa a portare luce là dove c’è solo l’abisso delle violenze, sono la Donna dell’Anno 2018” si legge nelle motivazioni della giuria, presieduta dal presidente del Consiglio Valle, Joel Farcoz. Ad ognuna delle vincitrici andranno 15.000 euro.
Inoltre il premio Popolarità è stato assegnato a Margarita Meira mentre il Premio Soroptimist International Club Valle d’Aosta è andato a Rosa Pepe, avvocato campano che da anni opera a sostegno delle donne vittime di violenza.
ANSA – 14.03.18

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FARE PACE CON LA TERRA

1È iniziata per il 13° anno consecutivo la Scuola di Pace, un’iniziativa promossa da sei Associazioni, che hanno a cuore la scuola, i giovani studenti e la formazione alla Pace. Dopo l’immigrazione e il lavoro, quest’anno sarà l’ambiente l’oggetto della riflessione alla quale sono chiamati i ragazzi coinvolti nel progetto.

Le organizzazioni di volontariato Caritas Crema, Coop. Sociale La Siembra, Centro Missionario Diocesano, IPSIA Cremona, Commissione Migrantes e Presidio Cremasco di Libera sono attualmente impegnate nella tredicesima edizione del progetto educativo Scuola di Pace dal titolo Fare pace con la Terra.

Quest’anno il progetto si pone come obiettivo quello di declinare il concetto di pace inteso come nuova solidarietà dell’uomo con l’universo animato e inanimato: un patto di alleanza non sacrificato all’altare della conoscenza scientifica, ma avviato a ritrovare le ragioni di un’etica della responsabilità.      Continua nell’ ALLEGATO

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SARDEGNA E ARMI: LA RICONVERSIONE POSSIBILE (Ilaria de Bonis)

1Nel Sulcis Iglesiente, in Sardegna, un comitato di cittadini si batte per la riconversione della Rwm Italia, la fabbrica di bombe di Domusnovas, da industria bellica a civile. La loro idea ricalca quella della battaglia per la Valsella, che nel 1999 smise di produrre mine antiuomo ed iniziò a fare pezzi di ricambio per le auto.

L’esperienza Valsella insegna: trasformare una fabbrica di mine anti-uomo in una pacifica fabbrica automotive si può. Ci sono voluti anni, battaglie e ricorsi. Ma alla fine la riconversione c’è stata. «A Domusnovas, in Sardegna, sogniamo di fare una cosa simile». Al momento gli operai della Rwm chiusi in fabbrica otto ore al giorno assemblano bombe, però. La novità è che «i cittadini sardi finalmente hanno preso la palla in mano e molti hanno detto no alle bombe». Quando parla del Comitato di cui è portavoce, Cinzia Guaita racconta soprattutto un’esperienza di consapevolezza e riconversione culturale. Una conquista della pace che parte dal basso.                                          Continua nellALLEGATO

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FESTIVAL DELLA MISSIONE, PREMIATI TRE TESTIMONI CON GLI ULTIMI (Andrea Galli)

42-2Consegnato il premio «Cuore amico» a tre testimoni della Chiesa «povera fra i poveri»

Se c’è un’occasione in cui, ogni anno, si può intravedere il bene straordinario che i circa 8.000 missionari italiani sparsi nel mondo seminano lontano dai riflettori, è il premio Cuore Amico, l’“Oscar” della missionarietà. È il riconoscimento (con annessi 50mila euro a   testa) che viene assegnato dalla “Cuore Amico Fraternità onlus”, associazione fondata nel 1980 dal sacerdote bresciano don Mario Pasini per il sostegno alla missione ad gentes. La premiazione di sabato, a Palazzo della Loggia a Brescia, moderata da Licia Colò, è stata uno degli appuntamenti più seguiti del Festival nazionale della missione che si è chiuso domenica 15 ottobre.                                                  L’articolo continua nell’ ALLEGATO

DONNE CHE FANNO LA PACE

38-8“Donne che fanno la pace” è un movimento apartitico, di migliaia di donne (e uomini) che operano per influenzare le sfere pubbliche e politiche al fine di trovare una soluzione che possa offrire un futuro di speranza e di vita nel Medio Oriente.
Nelle sue fila marciano, danzano, scrivono e pubblicano madri ebree e arabe, israeliane e palestinesi. Donne che hanno vissuto la guerra, che abitano sui confini, che hanno negli occhi le immagini dei propri figli in divisa, che conoscono l’odore del rifugio antiaereo, di rovine fumanti. Donne che hanno sepolto i propri figli al ritorno dal Libano, da Gaza, donne per le quali il Kippur è il ricordo della tragedia che ha distrutto la propria famiglia.
Il 24 settembre decine di migliaia di donne, uomini e bambini hanno intrapreso un viaggio di speranza e pace dai quattro angoli del Paese che si e’ concluso il 10 ottobre con un grande raduno a Gerusalemme, dove hanno partecipato 30 mila persone e si è parlato dell’esigenza senza compromessi di un accordo politico e una soluzione al conflitto israelo-palestinese. Non vogliamo un’altra guerra, non vogliamo altre vittime, altre famiglie distrutte.
Con i miei ragazzi di Beresheet abbiamo organizzato un flash mob, una danza collettiva nel mercato di Hazor Glilit. Donne vestite di bianco, religiose e no, madri, figlie, nonne, hanno pregato insieme danzando. L’aria si è riempita di gioia ed energia pura. Non ci daremo per vinte!!! Io alle parole del profeta Isaia ci credo… lo ha scritto chiaro e tondo: “E trasformeranno le loro spade in vanghe e le loro lance in vomeri d’aratro”!
Dobbiamo fare qualcosa per far avverare la profezia…Aiutati che Dio ti aiuta.                                                                                                                                                                                                                    Angelica Edna CALO LIVNE – Idee –  ‍11.10.2017 – 21

LIBANO, 120 DONNE IN BICICLETTA CONTRO LA GUERRA IN MEDIORIENTE (Cecilia Gentile)

35-5Detta Regan è l’ideatrice di “Follow the women, women for peace”, l’iniziativa che dal 2004 ha portato centinaia di donne a sfidare i pregiudizi e a correre per la pace in sella a una bici. Le partecipanti a questa edizione hanno percorso 50 chilometri, da Tripoli a Biblos.

Balli, canti e battiti di mani. Le donne di tutto il mondo venute in Libano per pedalare insieme per la pace si scatenano insieme ai danzatori tradizionali di Tripoli. Poi c’è un minuto di silenzio per commemorare tutte le vittime del terrorismo islamico. Ci sono ragazze della Francia, della Spagna, degli Stati Uniti, della Gran Bretagna. Il terrore e la morte sono arrivati nei loro Paesi. “Grazie per esser qui”, dice a tutte Detta Regan, la signora inglese che nel 2004 si è inventata “Follow the women, women for peace”, “Segui le donne, donne per la pace”. “La mia pazza idea era di portare le donne di tutto il mondo a pedalare in Libano, Siria, Giordania, Territori occupati della Palestina perché potessero vedere con i loro occhi, vivere e raccontare una volta tornate, perché solo così si vincono i pregiudizi, solo così può nascere il dialogo”.                                                                                                    L’articolo continua nell’ ALLEGATO

INAUGURATA IN UN VILLAGGIO EGIZIANO LA CHIESA COSTRUITA CON LE OFFERTE DEI MUSULMANI

22-7C’è voluto poco più di un anno per costruire la seconda chiesa del villaggio di Ismailia, nella provincia egiziana di Minya. E la relativa brevità dei tempi di edificazione del luogo di culto cristiano è stata dovuta anche al contributo finanziario offerto a sostegno del progetto dalla locale popolazione di fede musulmana. L’inaugurazione della nuova chiesa, dedicata a San Giorgio e alla Vergine Maria, è avvenuta la scorsa settimana e ha visto la partecipazione festosa di molti abitanti del villaggio, cristiani e musulmani. Nel suo intervento, il sindaco Ibrahim ha presentato la costruzione della chiesa come un segno visibile e concreto per irrobustire la concordia nazionale, realizzato grazie al contributo della popolazione locale e senza far ricorso a quei capitali stranieri che spesso finanziano l’edificazione di presidi di carattere religioso all’estero per espandere la propria rete di influenza politica o settaria. Nell’area del villaggio di Ismailia vivono circa 20mila egiziani, per un terzo cristiani copti e per due terzi musulmani sunniti. La decisione di costruire una seconda chiesa è stata presa poco più di un anno fa per evitare agli abitanti cristiani di doversi allontanare troppo dalle proprie case per prendere parte alle liturgie esponendosi al rischio di aggressioni e rapimenti.
Il “comitato di riconciliazione” del villaggio di Ismailia, incaricato di prevenire o risolvere i conflitti settari, aveva approvato nel marzo 2016 la costruzione della nuova chiesa copta, stabilendo anche l’area da destinare all’edificazione del luogo di culto. Nell’assemblea del comitato – riferirono allora fonti locali consultate dall’Agenzia Fides – i membri dell’organismo, in larga parte musulmani, avevano messo ai voti l’eventuale costruzione della chiesa e la localizzazione scelta. La proposta aveva ottenuto 49 voti favorevoli e solo 4 contrari. Il consenso quasi unanime alla costruzione della chiesa copta era stato accolto con sollievo dalle locali comunità cristiane, in un’area segnata in passato da diversi episodi di intolleranza settaria.                                                                                                                                      AGENZIA FIDES – 16.05.2017

FERRARA: IL GESTO DEI BIMBI CHE RISANA LA FERITA DI GORINO (Migrantes on line)

Come tutti ricorderanno, nella notte tra il 24 e 25 ottobre scorsi, a 12 giovani profughe africane viene impedito di raggiungere la località nel Delta del Po che avrebbe dovuto accoglierle.  

20-4L’evento suscita in buona parte dell’opinione pubblica un moto di sdegno, arrivando anche tra i banchi di una scuola di Finale Emilia, nel bolognese. La classe IV° D della Primaria ‘Castelfranchi’, riflettendo insieme alle maestre su quei drammatici avvenimenti e sul fatto che una delle ragazze, la 20enne Joy Andrew, portasse in grembo il piccolo Michael (nato circa due mesi dopo, il 12 dicembre, all’Ospedale di Cona, vicino a Ferrara), ha pensato a un gesto di concreta carità. Gli alunni hanno, infatti, deciso di donare a Joy e Michael i soldi risparmiati in due mesi grazie all’acquisto condiviso, col progetto ‘Merenda sana’, di alimenti più indicati al posto delle merendine. Il denaro è stato quindi donato al Servizio accoglienza alla vita di Ferrara perché lo utilizzi per l’acquisto di vestiario e prodotti di prima necessità per Michael.                                                                  L’articolo continua nell’ ALLEGATO

LA BEATIFICAZIONE DI EMILIA, LA CESTAIA GITANA MARTIRE (Migrantes on line)

14-2Sabato 25 marzo in Almeria (Andalusia – SPAGNA) è stata beatificata Emilia Fernandez Rodriguez nata il 3 aprile 1914 a Tijola in Spagna. Ne da notizia l’Aizo – l’Associazione Italiana Zingari Oggi – in una nota diffusa oggi. Emilia viene arrestata e detenuta con altre donne durante la guerra civile spagnola. Negli anni 30 – riferisce la nota – i cristiani venivano ingiustamente arrestati a causa della loro fedeltà al Vangelo.

L’odio verso i cristiani fu devastante: in quattro mesi vennero distrutte 160 chiese. Emilia si sposa secondo il rito gitano con Juan Cortes Cortes nel 1938, vive la sua vita lavorando come cestaia, attività economica che permette alla giovane coppia di vivere in modo dignitoso vendendo i cesti nei mercati o nella modalità porta a porta. Anche il marito viene arrestato e messo in prigione dove si trovano politici, sacerdoti e numerosi cristiani.                                              L’articolo intero continua nell’ ALLEGATO

IL MIRACOLO DI OUMOH (Migrantes on line)

14-1Ci sono voluti cinque mesi, ma alla fine la piccola Oumoh, sbarcata da sola sull’isola di Lampedusa nell’autunno scorso, ha ritrovato la sua mamma, rimasta bloccata in Tunisia per un problema burocratico.

La mamma, Zanabou Camara 32 anni, ha raccontato di essere scappata dalla Costa d’Avorio con la figlia di 4 e la nipotina di 12 anni per impedire che entrambe fossero sottoposte alla mutilazione genitale (l’orrenda pratica dell’infibulazione). Per un problema, però, era stata costretta a tornare nel suo Paese per prendere gli averi e il passaporto e aveva affidato la figlia a un’amica.                                                                                         L’articolo intero continua nell’ ALLEGATO