TRANSIZIONE O CONVERSIONE (A. Bonacina)

Conto alla rovescia per il mondo
Conto alla rovescia per il mondo

La grammatica della casa comune, il ministero della transizione ecologica, i fondi in arrivo dall’Europa sono dati importanti. Ma non bastano. Ci vorrebbe una mentalità, una cultura nuova…
Ecologia transizione o conversione. Nel patto costitutivo del governo attualmente in carica c’era l’impegno di istituire il Ministero della transizione ecologica, sulla scorta di esperienze già in atto in altri Paesi europei tra cui Spagna e Francia. Di fatto il Ministero è stato creato ed affidato al prof. Cingolani. Nel frattempo sono arrivati i primi fondi europei per la ripresa postpandemica e si è svolta la Cop26 di Glasgow, incentrata sulla lotta al cambiamento climatico. Sono test essenziali per verificare quale incidenza abbia questo nuovo ministero nel guidare la politica italiana verso la cosiddetta transizione ecologica o transizione verde.

Quale futuro immaginato dal governo
L’esperienza della Spagna e della Francia rivela alcuni limiti delle politiche, pur virtuose, messe in atto finora in quei Paesi. Riassumendo al massimo, pare di poter dire che, in misura diversa, ciò che è mancato è la possibilità di ricondurre tutte le scelte politiche nei vari settori, energia, mobilità, agricoltura, infrastrutture, ecc., ad un unico grande progetto integrato e coerente.          Continua nell’ ALLEGATO

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IN MORTE DI FRATEL JEAN-PIERRE SCHUMACHER, L’ULTIMO MONACO DI TIBHIRINE (Aurelio Boscaini)

4a. Papa-Francesco-e-Jean-Pierre-SchumacherIl religioso si è spento il 21 novembre nella solennità di Cristo re, a 97 anni, al monastero di Notre-Dame de l’Atlas di Midelt, in Marocco. La comunità dell’Ordine cistercense della Stretta osservanza (trappisti), presente in terra marocchina, è quella che mantiene vivo lo “spirito di Tibhirine”

Ancora mesi dopo l’uccisione dei suoi sette confratelli rapiti dal monastero di Tibhirine, in Algeria, nella notte fra il 26 e il 27 marzo 1996, fratel Jean-Pierre si chiedeva per quale ragione, insieme a fratel Amédée, fosse stato risparmiato. Scampò perché prestava servizio in portineria, in un edificio adiacente al monastero e ignorato dai rapitori.
«Ci sono dei fratelli ai quali è stato chiesto di testimoniare con il dono della vita, e altri, ai quali è chiesto di testimoniare con la vita»: così gli aveva scritto la madre badessa dell’Abbaye de la Fille-Dieu, un monastero cistercense situato vicino alla città di Romont, nel cantone svizzero di Friburgo e sito svizzero di importanza nazionale. Era la risposta alla sua domanda… e queste parole – come lui stesso aveva confessato ‒ lo avevano aiutavano a sollevarsi da tanti interrogativi.         Continua nell’ ALLEGATO

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MYANMAR, IL SILENZIO DEI DIRITTI UMANI (Redazione Atlante delle guerre)

5a. Aung-san-suu-kyiAung San Suu Kyi e l’ex Presidente Win Myint condannati a quattro anni di pena con accuse chiaramente montate, mentre alla Corte Penale Internazionale sono state depositate da una Ong le prove che accusano la giunta di tortura sistematica e programmata. Contemporaneamente uno sciopero nazionale in difesa dei Diritti Umani in occasione della Giornata mondiale per la loro tutela e un Convegno a Roma.
Il 6 dicembre scorso la magistratura della capitale del Myanmar ha condannato a quattro anni di carcere la leader deposta Aung San Suu Kyi agli arresti in luogo ignoto dal golpe del 1 febbraio scorso. Un portavoce dell’esercito birmano ha detto all’agenzia di stampa AFP che Aung San Suu Kyi è stata giudicata colpevole di incitamento e violazione delle regole Covid19 ai sensi di una legge sui disastri naturali. La Nobel, premier de facto che alle elezioni del novembre scorso ha registrato un aumento dei consensi, deve affrontare un totale di 11 accuse, che sono state ampiamente considerate montate e ingiuste. Ha ripetutamente negato ogni addebito.
Anche l’ex Presidente Win Myint è stato condannato alla stessa pena di quattro anni e con le stesse accuse. Non è chiaro però quando e dove i due leader della Lega nazionale per la democrazia saranno imprigionati. Anche il Presidente deposto è rinchiuso in luogo segreto.          Continua nell’ ALLEGATO

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Spaccati di vita quotidiana (Don Paolo Rocca)

6a. Don Paolo in uno dei vari incontri con la gente della sua ParrocchiaESSERE TUTTI DISCEPOLI MISSIONARI

Continua il racconto missionario di don Paolo in Uruguay. Questa settimana è la volta di un piccolo gruppo di giovani ragazze che, insieme alla propria formazione religiosa, hanno maturato l’esigenza di aiutare anche altre persone a seguire questo cammino. Sembrano piccoli passi, ma alla base ci sono scelte coraggiose.

Carissime e Carissimi tutti,
questa settimana vi presento il cammino che stanno facendo il gruppo ado-giovani di Ismael Cortinas.
Sono 5 ragazze: Camila, Nathalie, Tereza, María José e Micaela.
Da due anni e mezzo hanno ripreso il cammino della catechesi e nel dicembre 2019, tre di loro hanno ricevuto la Cresima, una la Prima Comunione e a una è stata consegnata la Bibbia per poter approfondire la Parola di Dio. Poi nel gennaio 2020 finalmente ha ricevuto anch’essa l’Eucaristia.
Gruppo affiatato che ha scelto di chiamarsi Menahem (deriva da un termine ebraico che vuol dire “colui che conforta”, “consolatore”), ha un santo protettore del gruppo: san Longino (secondo una tradizione cristiana, il nome del soldato romano che trafisse con la propria lancia il costato di Gesù crocifisso, per accertare che fosse morto, come riporta il vangelo secondo Giovanni) e si ritrova per la catechesi una volta ogni quindici giorni.          Continua nell’ ALLEGATO

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NOTIZIE FLASH DAL MONDO

a cura del Gruppo di Animazione Missionaria di SCANNABUE

RESTITUIRE ALL’AFRICA QUELLO CHE LE È STATO RUBATO

Lo chiamano “padiri”, un mix tra padre-donprete-fratello: una sola parola per spiegare in semplicità tutto ciò che don Giovanni Piumatti, fidei donum della diocesi di Pinerolo, è stato per la sua gente, nel nord Kivu (Congo) in 50 anni di missione.
In quel tratto della foresta tropicale, a 200 Km. dalla capitale, la sfida non è costruire, ma avere la forza e la pazienza di  ricostruire. È sempre rimasto nella diocesi di Butembo-Beni, ma nel 2004, circa 20 famiglie decisero di emigrare per un problema di sovrappopolazione e di carenza di terreni.
Lui, insieme ad altri volontari italiani, le accompagnò rivivendo in  qualche modo l’esperienza di Abramo. Sorse il villaggio di Muhanga, un villaggio invaso quasi subito, tra il 1995 e 1997, dai profughi ruandesi, con una crescita disordinata, ma come racconta don Giovanni, un’esperienza umana molto bella.
La paura di quegli attacchi la si può solo immaginare, ma lui preferisce raccontare la generosità delle famiglie che accoglievano altre famiglie. Nessun  aiuto internazionale.          Continua nell’ ALLEGATO

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0001a. Giornata internazionale del volontariatoIl volontariato è una straordinaria energia civile
che aiuta le comunità ad affrontare le sfide del tempo e le sue difficoltà. Rinsalda i legami tra le persone,
è vicino a chi si trova nel bisogno,
riduce i divari sociali,
promuove l’accoglienza e la sostenibilità.

Nell’emergenza provocata dalla pandemia,
i volontari sono stati in prima fila,
accanto a medici e infermieri,
nel prestare cura ai malati,
nel sostenere chi è rimasto solo,
nel costruire connessioni laddove tanti rischiavano di venire esclusi”

Sergio MATTARELLA – Presidente della Repubblica – Messaggio per la Giornata internazionale del volontariato

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Seconda Domenica d’Avvento / anno C – Lc 3,1-6

«Nell’anno XV dell’impero di Tiberio[…] sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni nel deserto» (vv. 1-3, passim).

Pur non essendo il motivo principale del passo, lo diventa nella prospettiva lucana di coniugare il tempo puntuale che passa (chronos) con il dono del momento favorevole (kairos). Infatti Dio si comunica a ciascuno di noi a partire dal deserto, da un luogo fisico in cui passare il tempo per fare il vuoto, ossia per fare spazio a Lui e agli altri.

Il luogo solitario non è un rifugio, lo si attraversa sperando di cogliere il dono rigenerativo, anche nel deserto pandemico.

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Enrico e le Commissioni Missione e Migrantes

Carissime, Carissimi,
cosa c’entri la campagna dei No Vax con la tragedia della Shoah non lo abbiamo capito e credo che non lo capiremo mai. Ci sembra infatti un accostamento non solo inappropriato nel merito come nel modo, ma anche altamente controproducente perché crea confusione e rischia di riattizzare l’odio. Per questo ci è sembrato interessante e puntuale l’articolo comparso su Famiglia Cristiana, a firma di Andrea RICCARDI, il 14 novembre scorso dal titolo Banalizzare la Shoah un’offesa alle vittime. E qui lo riproponiamo.

“A Novara i no Green Pass sono sfilati vestiti da prigionieri di Auschwitz con casacche a strisce, aggrappati a una corda con nodi che voleva ricordare il filo spinato del reticolato del lager. Così si banalizza la tragedia unica della storia europea, quella della Shoah, mentre si offende la memoria di sei milioni di ebrei scomparsi, dei sopravvissuti e, tra questi, dei pochi che ancora vivono e ci testimoniano quell’orrore. La memoria della Shoah è decisiva per gli italiani e gli europei: un punto di riferimento ineliminabile per la nostra coscienza. Il genocidio non fu compiuto solo dai nazisti, con la loro organizzazione industriale della morte, ma avvenne – è sempre bene ricordarlo – con la collaborazione di italiani, francesi, ucraini, polacchi e vari altri.          Continua nell’ ALLEGATO

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