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Notiziario – riflessioni

LA SICCITÀ CHE UCCIDE: MILIONI A RISCHIO FAME (Raffaele Masto)

7-9Secondo le ultime stime la siccità, la conseguente carestia e la malnutrizione stanno mettendo a rischio in una vasta regione dell’Africa quasi due milioni di bambini. I paesi più colpiti sono la Nigeria, la Somalia e il Sud Sudan.                    

Non si può non denunciare che per questa situazione drammatica le maggiori responsabilità sono dell’uomo. Le popolazioni di questi paesi sono abituate a convivere periodicamente con la siccità e di solito hanno strategie efficaci per affrontarle e limitare i danni. La siccità invece diventa drammatica quando èassociata a qualcosa provocato dagli uomini: guerre, conflitti a bassa intensità che limitano i movimenti, confini divenuti intoccabili e causa di contrasti tra i paesi.
Nel dettaglio il Sud Sudan è un esempio lampante. La guerra – che sembra non avere soluzioni diplomatiche – è la causa principale di questa situazione: quasi 300mila bambini sono gravemente malnutriti. Le agenzie umanitarie delle Nazioni Unite stimano che  se non sarà fatto nulla per bloccare la gravità e la diffusione della crisi alimentare, il numero totale di persone colpite nel paese ci si aspetta crescerà da 4,9 a 5,5 milioni con il culminare della stagione secca a luglio. Una vera catastrofe umanitaria.
In Somalia, la siccità sta minacciando una già fragile popolazione danneggiata da anni di conflitto. Circa la metà della popolazione di poco più di sei milioni di persone stanno affrontando una grave situazione di insicurezza alimentare e hanno bisogno di assistenza umanitaria. Si prevede che circa 185.000 bambini soffriranno di malnutrizione acuta grave, nei prossimi mesi questo dato ci si aspetta arriverà a 270.000.
Nel Nordest della Nigeria, il numero di bambini colpiti da malnutrizione acuta grave ci si aspetta che quest’anno arriverà a 450.000 negli stati colpiti dal conflitto di Adamawa, Borno e Yobi. Bambini a parte in Nigeria oltre due milioni di persone hanno bisogno di assistenza e vivono in campi profughi non organizzato perchè il territorio è a rischio attacchi di Boko Haram. Ai due milioni di nigeriani vanno sommate altre centinaia di migliaia di persone dei paesi vicini – Camerun, Niger e Ciad – che si sono rifugiate intorno al lago Ciad.
                                                                                              Raffaele MASTO – BuongiornoAfrica 21.02.17

I POVERI E NOI (Marco Pappalardo)

7-8La povertà e la miseria non vivono solamente per strada o sotto i portici. Sono accanto a me, a te.

Chi opera in favore dei poveri, chi conosce la realtà delle mense e dei dormitori, chi si mette in gioco nelle unità di strada, chi è a servizio di parrocchie, associazioni, gruppi, enti che hanno a cuore i cosiddetti “ultimi”, sa bene che – ormai da un bel po’ di anni – non si tratta solamente di anziani rimasti soli, di giovani accompagnati da cani, di migranti della prima ora, di persone con problemi a livello mentale o con dipendenze; non solo i numeri sono aumentati, ma si incontrano molte persone delle nuove migrazioni, diverse donne, coppie di anziani, persino nuclei familiari. Cose dell’altro mondo? Gente di un altro pianeta? Colpa degli sbarchi? No! In gran misura sono italiani, persone che avevano un lavoro ed una casa, che, perso il primo riescono in alcuni casi a tenere l’abitazione, in altri si ritrovano a cercare un tetto.                                                                                                                                                                                                                               L’articolo continua nell’ ALLEGATO

LA NUOVA VITA DEI MIGRANTI COL PAPILLON (Luca Testa)

6-1Morte, povertà, abbandono. Quando s’affronta il tema dei migranti il primo pensiero cade inevitabile sul lungo elenco di privazioni e sofferenze. Poi c’è chi pensa all’ordine pubblico e chi invece si preoccupa (e occupa) dell’accoglienza. In questa centrifuga di contrasti, tra azioni e opinioni, qualcuno lavora per offrire opportunità reali. E il riscatto può passare anche da un papillon.

 Accade in Sicilia, nell’isola del sole. Qua la cooperazione e l’imprenditorialità trovano un felice punto d’incontro. Profit e non profit, insieme per la costruzione di piccoli grandi sogni. Come quello di avere un lavoro, ad esempio. Per molti è sinonimo di autonomia e dignità. E la cinquantina di ragazzi e ragazze ospiti del centro di soccorso e prima accoglienza (Cpsa) di Capocorso, a Siracusa, sanno bene cosa significa.

 L’articolo sulla nuova vita dei migranti continua nell’ ALLEGATO

L’APARTHEID DELLE BANLIEUE. (Raffaele Masto)

domenica5La vicenda di Theo, il giovane di 22 anni picchiato e stuprato da quattro poliziotti in una banlieue di Parigi, riporta alla ribalta un problema che periodicamente torna di attualità. Un problema che non è solo francese, ma che ci riguarda da vicino.
Nel 2005 a Parigi c’era stata una rivolta di venti giorni ma gli episodi di violenza e di protesta, in questi dieci anni, sono continuati, anche se non clamorosi come allora. Recentemente, dopo l’attacco terroristico all’aeroporto di Bruxelles, il mondo intero aveva conosciuto Molenbeek, di fatto una delle banlieue del Belgio, che aveva ospitato i terroristi che avevano colpito l’aeroporto. Si tratta di un quartiere di circa sei chilometri quadrati, abitato in stragrande maggioranza da una popolazione, originaria direttamente o di seconda generazione, proveniente dal Maghreb. Di fatto ogni città europea ha la sua (o le sue) Molenbeek.

Sono luoghi di confine, delle Township prodotto dell’emarginazione sociale, politica, economica che altro non è che una forma di razzismo. Sì, razzismo. Una brutta parola, che ci squalifica, che quasi ci offende ma che è una realtà. Gli episodi, oltre a quello inqualificabile dei quattro poliziotti parigini, che possono essere qualificati con questa parola sono tanti. Potrei fare una lunga lista… che evito di fare.
In passato abbiamo definito apartheid la realizzazione di luoghi in cui i “diversi”, gli “stranieri” venivano relegati. In Sudafrica erano istituzionalizzati. Nelle città della civile Europa del Terzo Millennio sono una creazione “di fatto”, ma estremamente reale. Una dimostrazione che l’Europa sul tema integrazione ha fallito.
Raffaele MASTO – Buongiorno Africa – 08.02.17

QUEL RAZZISMO SUBDOLO CHE NON È MAI SCOMPARSO…(Raffaele Masto)

fermoVi ricordate Emmanuel, migrante fuggito con la moglie dalla Nigeria di Boko Haram, e ucciso a pugni e a calci per averla difesa dagli insulti da un italiano?

Quattro anni ottenuti con il patteggiamento davanti al giudice, arresti domiciliari, ma con il permesso di andare al lavoro tutti i giorni. È tutta qui la condanna per avere ucciso a pugni e calci un immigrato africano colpevole di avere difeso la sua compagna dagli insulti dello stesso assassino. E’ quanto è stato stabilito dalla sentenza che ha chiuso la vicenda riguardante l’uccisione di Emmanuel Chidi Nnamdi, l’immigrato nigeriano morto a Fermo il 5 luglio 2016 in seguito al pestaggio subito da Amedeo Mancini, ultrà della squadra locale di calcio, finito in carcere subito dopo l’episodio.      L’articolo continua nell’ ALLEGATO

MAROCCO: LIBERTÀ DI LASCIARE L’ISLAM. (Roberta Gisotti)

domenica5Il Consiglio Superiore degli Ulema, massima autorità religiosa del Marocco, ha eliminato la pena di morte per il reato di apostasia dall’Islam.  Ha così ribaltato una sentenza di contenuto opposto decretata nel 2012. Il commento di Paolo BRANCA, docente di Islamistica e di Storia dei Paesi arabi all’Università cattolica di Milano.

Si tratta di una svolta storica, perché per la prima volta questa cosa viene riconosciuta come principio. In pratica, già la pena di morte per apostasia non veniva applicata nella maggior parte dei casi, con soluzioni – diciamo così – di comodo. La testimonianza di Branca continua nell’ ALLEGATO

MOBILITAZIONE PERMANENTE FINO AD APPROVARELA LEGGE SULLA CITTADINANZA

litalia-sono-anchioQuanto sono belli quei ragazzi africani che incontriamo in metropolitana e sentiamo che parlano un autentico romanesco. Perché non devono appartenere a noi? Non si può non far leggi su queste cose. Se eravamo un popolo monocolore ora siamo multicolore”.

 Con questa parole si è espresso mons. Nunzio Galantino, Segretario della CEI, presentando, il comunicato finale del Consiglio Episcopale Permanente della CEI. “Ius soli e ius culturae”, sono due concetti che dovrebbero ispirare una legge sulla cittadinanza, ricordando che tra le proposte dei vescovi in questi giorni figurano anche quelle di affidare a case famiglia i minori non accompagnati e riconoscere la cittadinanza per quanti hanno conseguito nel nostro Paese il primo ciclo scolastico. Riconoscere la cittadinanza ai ragazzi immigrati che frequentano le nostre scuole “vuol dire cominciare a ridurre la platea dei cosiddetti irregolari: gli immigrati non sono tutti irregolari o clandestini, non è il colore della pelle a fare ‘un irregolare’ e dell’irregolare un delinquente”. Parole in perfetta sintonia con il progetto sostenuto dalla campagna “L’Italia sono anch’io”.       L’articolo sulla cittadinanza continua nell’ ALLEGATO

I BIMBI DEL CONGO RACCOLGONO 238 EURO PER I COETANEI ITALIANI

4-1I soldi arrivano da Kingoué, un distretto di trenta villaggi e quindicimila abitanti nella Repubblica del Congo con la speranza di dare il proprio contributo per aiutare le persone colpite dal terremoto.

Il bonifico è arrivato a metà dicembre. La cifra, 238 euro, era stata inviata da Kingoué, un distretto di trenta villaggi e quindicimila abitanti nella Repubblica del Congo, ai margini della foresta pluviale dove non c’è luce né acqua corrente. Nove abitanti su dieci non hanno stipendio, vivono coltivando manioca, mais, ananas, oppure allevando mucche, maiali, pecore, capre.

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ORMEA, DOVE IL LAVORO RAFFORZA L’INTEGRAZIONE (Paolo Ferrario)

In venti hanno preso il patentino europeo per lavorare con la motosega nei boschi, altri hanno imparato a riparare i muri a secco e i terrazzamenti coltivati, altri ancora hanno pulito castagneti secolari ormai ridotti a un accumulo di rovi. Insomma, non sono rimasti con le mani in mano, i 35 giovani rifugiati di Ormea, piccolo comune dell’Alta valle del Tanaro, in provincia di Cuneo.

3-1 Il loro arrivo, un anno fa, aveva scatenato la rivolta di una parte dei 1.650 abitanti, disposta a pagare di tasca propria i cinquantamila euro al proprietario dell’albergo – che aveva dato alla Prefettura la disponibilità a ospitarli – pur di tenerli lontani dal paese. Dopo giorni di tensione, ci ha pensato il sindaco a stemperare gli animi, assumendo in proprio la gestione dell’accoglienza. Ormea è così diventato il primo (e finora unico caso) di gestione pubblica diretta dei migranti.
«D’accordo con la Prefettura – spiega il sindaco Giorgio Ferraris – abbiamo sistemato e messo a disposizione l’ex-casa di riposo per anziani, di proprietà dell’Ipac “Casa di riposo Renzo Merlino”, ente totalmente pubblico gestito da un consiglio di amministrazione nominato dal Comune».
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IMMIGRAZIONE: I MODESTI DATI DELL’INVASIONE (Raffaele Masto)

Boko-Haram_11Sono usciti i dati di Frontex sull’immigrazione nel 2016: 181 mila gli arrivi in Italia, praticamente con un incremento di meno del 20% rispetto all’anno precedente. Insomma cifre che non dovrebbero fare gridare allo scandalo o all’emergenza.

Gli arrivi in Europa sono, di fatto una immigrazione africana e la pressione proviene dai soliti paesi, direi tre sostanzialmente: Nigeria in primo luogo per un motivo comprensibile, direi statistico: è il paese più popoloso del continente, quasi 200 milioni di abitanti ed è un paese con molti punti critici, a cominciare dal nord est dove opera la famigerata setta jihadista di Boko Haram che ha prodotto una crisi umanitaria catastrofica che si sta consumando praticamente nel silenzio. Ci sono circa cinque milioni di persone a rischio fame, praticamente profughi, sfollati interni o rifugiati che hanno lasciato i propri villaggi per timore degli attacchi dei miliziani di Boko Haram ma anche per le violazioni dell’esercito che non è da meno.
L’articolo di Masto continua nell’ ALLEGATO