Articles Tagged with Riflessioni

Notiziario – riflessioni

Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

qualche giorno fa ci ha lasciato Sergio ZAVOLI, un Giornalista, come si dice, con la G maiuscola, che ha onorato la sua professione  con servizi e programmi che hanno fatto scuola. I meno giovani ricorderanno sicuramente “Processo alla tappa”, “Nascita di una dittatura”, “La notte della repubblica”. Tuttavia qui vorrei ricordare un documentario poco conosciuto, ma che varrebbe la pena andare a rivedere. Si tratta di un servizio intitolato “I giardini di Abele”, andato in onda il 3 gennaio 1969, all’interno dello storico rotocalco TV7. Un documento della durata di circa 25 minuti con il quale  Zavoli entra con la sua troupe nel manicomio di Gorizia, allora diretto da Franco Basaglia, e cerca di capire e di spiegare la rivoluzione basagliana. Mostra infatti le immagini drammatiche della vita nel manicomio prima della sua trasformazione in ospedale aperto, facendo parlare gli infermieri, lo stesso Basaglia e i malati.
Due i motivi che rendono degno di nota questo servizio: il linguaggio che usa Zavoli e il messaggio che l’esperienza di Basaglia ci comunica.

Il linguaggio di Zavoli infatti appartiene a un giornalismo fatto di parole pensate e pesate, accuratamente misurate e mai banali e di immagini potenti e realistiche che tuttavia non indugiano alla retorica del dolore e della lacrima. Significativa la scena della signora ospite dell’ospedale che ad un certo punto, parlando della propria esperienza, scoppia in lacrime. Zavoli non enfatizza quel dolore, ma con domande opportune aiuta la donna ad uscire dall’imbarazzo.              Continua nell’ ALLEGATO

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DIO ED IL CORONAVIRUS (José María Castillo)

2a. Dio e il coronavirusLe persone che hanno convinzioni religiose si chiedono se Dio sia o meno responsabile di ciò che stiamo soffrendo, a causa della pandemia che stiamo sopportando. Dio ha o no l’ultima parola in merito?

Per rispondere a questa domanda, la prima cosa che dovremmo tenere presente è che Dio è il «Trascendente». Cioè, Dio è «al di là» o, in altre parole, è «al di fuori di tutto» quanto possiamo raggiungere o conoscere. Dio non è solo l’«Infinito». È soprattutto il «Totalmente Altro». Il Vangelo di Giovanni lo dice a partire dal prologo: «Nessuno ha mai visto Dio» (Gv 1,18). E Tommaso d’Aquino lo afferma con chiarezza: «Dio sta al di sopra di tutto quanto possiamo dire o capire» (“Supereminentius est in ipso quam dicatur aut intelligatur”, De Potentia, q. VII, a. V).
Per questo motivo noi mortali, quando parliamo di Dio, non possiamo fare riferimento a «Dio in Sé», ma in realtà di ciò che parliamo e in ciò che pensiamo, ci facciamo «rappresentazioni» di Dio. Quindi ci sono tanti «dèi» e tante religioni. Con l’inevitabile pericolo che ogni cultura, ogni paese e persino ogni individuo si rappresenti Dio come gli interessa o gli conviene. Quindi è ragionevole pensare che a volte parliamo di un «Dio contraffatto» (Thomas Ruster).
Il fondo del problema è che la mente umana non può pensare in nessun modo se non «oggettivando» ciò che pensa. Un pensiero è un «oggetto mentale». Con questo – e da questo – risulta che l’Assoluto degenera in «cosa», cioè in un «oggetto mentale» (Paul Ricoeur). Ecco perché, convinti che stiamo pensando a Dio, in realtà abbiamo in mente la «rappresentazione» che ci facciamo di Dio. Il Vangelo di Giovanni ha ragione: «Nessuno ha mai visto Dio» (Gv 1,18).          Continua nell’ ALLEGATO

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

una delle cose che ci ha maggiormente stupito in negativo durante la pandemia, è stato scoprire che le industrie militari, nonostante tutta l’Italia fosse “zona rossa”, continuavano a produrre armi a pieno ritmo. Mentre da un lato venivano date precise istruzioni per evitare l’estendersi di un produttore di morte: il contagio, dall’altro venivano date precise istruzioni per aumentare l’estendersi di un produttore di morte: le armi. Una totale schizofrenia che soltanto noi umani siamo capaci di creare.

Se vogliamo che il CoViD-19 non sia soltanto un brutto ricordo da dimenticare, dobbiamo avere il coraggio di gridare a voce alta che non sappiamo cosa farcene delle armi, quando la nostra tragica e recentissima esperienza ci dice che abbiamo bisogno di investire in ospedali, in scuole, nell’ambiente, nella cultura. Per questo ci sembra giusto aderire alla Campagna CAMBIAMO MIRA! INVESTIAMO NELLA PACE.

Il testo che segue è l’editoriale pubblicato dalla rivista missionaria NIGRIZIA il 26 giugno scorso.

“Ognuno di noi – scriveva il teologo fiorentino Enrico Chiavacci – ha il diritto e il dovere di sapere “dove mette i propri soldi e a che cosa quei soldi servono. È un dovere morale, fondamentale per tutti”. Senz’altro per un cittadino della nostra Repubblica, che “ripudia la guerra”. A maggior ragione per un cristiano.     Continua nell’ ALLEGATO

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CAMBIAMO MIRA! (La Redazione)

2a. Cambiamo mira!Investiamo nella Pace, non nelle armi

Proponiamo l’appello congiunto delle riviste MISSIONE OGGI, MOSAICO DI PACE E NIGRIZIA alle comunità cristiane, vescovi, parroci, consigli pastorali e a tutte le persone di buona volontà preparato in occasione della Solennità della Pentecoste e della Festa della Repubblica. Pur essendo passato un mese dalla pubblicazione dell’appello e tre settimane dal lancio della Campagna, crediamo di essere sempre in tempo per sostenere una Campagna che OGGI PIÙ CHE MAI, ha bisogno dell’aiuto di tutti!

Bisceglie, Brescia, Verona 27 maggio 2020

“Non è questo il tempo in cui continuare a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone e salvare vite”. Con queste parole profetiche, nel suo messaggio di Pasqua, papa Francesco richiama l’urgenza di sostenere la vita e smettere di finanziare la morte.        Continua nell’ ALLEGATO

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

                                         l’articolo che frei Betto dedica più avanti alla classe dirigente brasiliana è quantomeno impietoso perché mette in evidenza sia la sua incapacità operativa sia la colpevole sottovalutazione del pericolo coronavirus. Fortunatamente i Brasiliani stanno rispondendo in modo molto diverso e nei prossimi numeri ci racconteranno con quanta fantasia e quanto coraggio stiano affrontando questa crisi tremenda.
Ora se è legittimo e doveroso esprimere delle critiche all’operato di un governo, nel nostro caso, il governo federale del Brasile quando questo operato va contro gli interessi della maggioranza dei cittadini, è altrettanto legittimo e doveroso chiederci se anche noi, nella nostra realtà locale e nazionale, ci stiamo comportando se non in modo irreprensibile, almeno in modo onesto.
Il tempo di sfogliare un quotidiano o di ascoltare un giornale radio per renderci conto che la situazione non è assolutamente confortante. Se nei momenti più difficili ci eravamo illusi che “dopo niente sarebbe stato come prima”, possiamo dire che la disillusione è dominante.
Tralasciamo, per carità di patria, la vicenda spaventosa della Caserma dei Carabinieri di Piacenza… Quante puntate della serie televisiva “Il Maresciallo Rocca” saranno necessarie per far recuperare fiducia nell’Arma? E nemmeno trattiamo dell’evasione fiscale, perché di questo parla profeticamente mons. Bettazzi in un altro articolo… Tuttavia bisogna ammettere che purtroppo gli argomenti non mancano.        Continua nell’ ALLEGATO

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

                                               riprendo volentieri la prima raccomandazione di Paolo Borsellino, soprattutto perché oggi ci troviamo in una situazione economica estremamente  difficile ed ingarbugliata. Una situazione ottimale per le mafie di qualsiasi natura che, come moderne sirene, sanno trovare il canto giusto per sedurre chi si trova in difficoltà e senza vie d’uscita.
Parlare della MAFIA allora… Ma bisogna farlo in maniera intelligente ed utile. Non basta infatti denunciare un’organizzazione criminale, quanto piuttosto smascherare come si infiltra abilmente in un tessuto sociale sano e soprattutto non lasciare solo chi non vuole lasciarsi avvolgere da un abbraccio che alla lunga si rivelerà mortale.
Per questo, all’inizio dello scorso anno l’Arcivescovo di Milano, mons. Mario DELPINI scrisse ai suoi Parroci e ai responsabili dei Consigli Pastorali una lettera per sensibilizzarli su un fenomeno che ha assunto negli anni le dimensioni di una vera e propria emergenza sociale, per sollecitarli a una formazione specifica tramite la rete Caritas e a contattare le Forze dell’ordine ove necessario. Ve la propongo non solo perché è un modo intelligente ed utile di testimoniare il Vangelo, ma perché sembra scritta proprio oggi.

Rev.mo Signor Parroco,
come sicuramente sarà a conoscenza, il fenomeno delle difficoltà di molte persone e famiglie nel far fronte all’indebitamento, al pagamento di affitti, di rate di prestiti o di mutui, sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti. Mentre dieci anni orsono, quando scoppiò la prima grande crisi finanziaria, il problema riguardava famiglie già in difficoltà che videro peggiorare in breve tempo la propria situazione, attualmente questa forma di grave disagio sta colpendo molte persone che, fino a poco tempo fa, godevano di una situazione apparentemente tranquilla.          
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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

il richiamo del Papa appena riportato in copertina è davvero molto forte. Non è la prima volta che segnala situazioni di ingiustizia internazionale, ma questa volta ci tocca da vicino e scomoda le nostre coscienze. E di fronte ad una provocazione così decisa ci vuole una risposta altrettanto decisa. È la proposta dei CORRIDOI UMANITARI, sostenuta con coraggio e intelligenza da Aldo BONAIUTO, sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII, in una lettera pubblicata due giorni fa sul quotidiano Avvenire e che riportiamo integralmente.
L’altra sera in una strada della prostituzione del Centro Italia una ragazza nigeriana, al quinto mese di gravidanza, mi ha descritto l’orrore della sua prigionia in Libia, e lo stupro subito e della ‘madame’ incaricata di indirizzarla al mercimonio. Le ho chiesto chi l’avesse messa incinta e mi ha risposto: ‘i cattivi in Libia’, mostrandomi la schiena piagata dalle frustate.
In tanti anni sulle strade della tratta ho visto che i ‘cattivi’ non si trovano soltanto aldilà del mare, ma anche tra coloro che lasciano mano libera ai trafficanti senza arrivare mai a una politica internazionale che tolga alle organizzazioni criminali un formidabile strumento di sfruttamento e di arricchimento. Persino nelle guerre più cruente e nei momenti nei quali sembrava smarrito ogni senso di umanità, la salvaguardia dello straniero, maggiormente esposto e fragile, è stata sempre riconosciuta e garantita. Una regola non scritta ma ovunque osservata fin dall’antichità, attribuisce all’ostaggio, al fuggitivo uno status di persona che scappa da morte certa e perciò merita tutela e misericordia. La storia ci insegna che, durante qualsiasi conflitto, negoziare e aprire vie di salvezza per fasce di popolazione particolarmente oppresse è l’unica soluzione praticabile per scongiurare stragi di innocenti.        Continua nell’  ALLEGATO

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

                                     il 30 giugno scorso è stato ricordato il 60° anniversario dell’indipendenza della Repubblica Democratica del Congo. Un avvenimento abbastanza comune, perché nell’arco di due anni quasi tutti i Paesi africani celebreranno lo stesso anniversario di indipendenza. Tuttavia il caso del Congo, sia per motivi storici che geografici, assume un’importanza particolare e ci porta ad abbozzare qualche riflessione sul COLONIALISMO.
In primo luogo le dimensioni della Repubblica Democratica del Congo e la sua posizione geografica ne fanno uno dei Paesi più significativi del Continente africano. La sua storia coloniale poi ha dell’incredibile in quanto la Conferenza di Berlino del 1885 sancì il Congo come “proprietà personale” del re del Belgio Leopoldo II. E continuò ad essere tale fino al 1908, quando il re, anche a causa delle pressioni di un’opinione pubblica internazionale che non accettava né questa anomalia giuridica né le brutalità di cui si macchiò in oltre vent’anni di dominio assoluto, fu costretto a cedere il “suo” Congo allo stato belga.        Continua nell’ ALLEGATO

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“LASCIO IL NIGER, MA NON PADRE GIGI” (P. Vito GIROTTO)

3a. p. VitoSto lasciando definitivamente il Niger, ma in tempo di coronavirus è difficile viaggiare, e poi porto nel cuore un bagaglio molto pesante, fatto di domande e di assenze che mi lasciano perplesso.
Chi conosce la mia prossima partenza da questo paese, dove spesso mi vedeva assieme a p. Pier Luigi Maccalli, mi rivolge la domanda: “Perchè te ne vai quando p. Pier Luigi è ancora prigioniero in Africa?”
Qualcuno aggiunge: “Aspetta un po’, e quando il nostro padre sarà liberato, faremo una grande festa e poi partirete insieme. Continuiamo a pregare: Dio è grande e a lui ci affidiamo”.
Volti di persone, immagini dei 10 anni trascorsi in questo paese del Sahel, progetti realizzati insieme, incontri di programmazione per tante attività pastorali e umanitarie, feste vissute insieme nella goia e nella collaborazione con p. Gigi, mi ritornano continuamente nel cuore in questi giorni in cui sto lasciando fisicamente questa terra di sabbia che è entrata in ogni fessura del mio essere.
Ora la Missione è sulla croce, e la croce che si ergeva sulla collina di Bomoanga, divelta dal piedestallo e quindi ora non più visibile a chi era abituato a scorgerla da lontano, mi richiama il caro amico e confratello, che sta portandone una pesante e nascosta come lui, per violenza, nel deserto del Sahara.
Pochi ci credono, ma i semi del Vangelo trovano sempre fazzoletti di buon terreno, dove rovi e spine non possono impedire loro di germogliare e di portare frutto, anche se il seminatore è lontano. Ma è sempre vicino con la costanza e la speranza che il sudore del suo lavoro e della sua prova non siano dispersi.
Non è una sconfitta quel rapimento avvenuto ventun mesi fa, ma il sigillo della missione che continua con il marchio della croce. E la croce della missione è sempre vittoriosa, nonostante le apparenze umane.
La preghiera che Gigi sta facendo, assieme alla nostra e a quella di tanti amici, sparsi nel mondo, ci dia speranza e gioia di incontralo presto libero, ora che sappiamo che è vivo.
Che il Signore esaudisca questa nostra supplica comunitaria.        p. Vito Girotto, SMA    (da Niamey, Niger)

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FOCOLAIO A MONDRAGONE, TENSIONE TRA COMUNITÀ BULGARA E ITALIANA (Antonio Maria Mira)

Emergenza Coronavirus: Mondragone NA, proteste tra i residenti del Focolaio in cui vi sono 49 contagiati asintomatici e la cittadinanzaNella notte incendiato un pulmino degli immigrati. La “zona rossa” non ferma lo sfruttamento dei braccianti

Continua a restare alta la tensione a Mondragone dove quattro palazzi nei quali vive una comunità bulgara, sono stati dichiarati zona rossa per il Covid-19. Prima fino al 30 giugno e ora fino al 7 luglio. Dopo più di settecento tamponi i positivi sono risultati 49. Ma a preoccupare è il clima che si è creato. Una gravissima conferma la scorsa notte, quando è stata lanciata una bottiglie incendiaria contro il pulmino di un bulgaro, proprio sotto il palazzi ex Cirio, palazzi del degrado, dell’emarginazione e dello sfruttamento. Un fatto gravissimo, malgrado la forte presenza delle forze dell’ordine, alle quali si stanno aggiungendo il militari dell’Esercito inviati dal ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.

E su questo clima torna a parlare il vescovo di Sessa Aurunca, monsignor Orazio Francesco Piazza che tre giorni fa aveva invitato ad evitare “atteggiamenti xenofobi”. “Purtroppo – ci dice – quello che temevo è accaduto. Ora – è la sua proposta – spero che si faccia un tavolo di confronto per cercare di orientare gli sviluppi, evitando che la situazione sia gestita da forze sbagliate. E mi riferisco a ambienti illegali. È questo mondo dell’illegalità a soffiare sul fuoco”.      Continua nell’ ALLEGATO

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