Il 12 febbraio è stata ricordata la 12a Giornata Mondiale per ricordare i bambini soldato. Sono infatti più di 300.000 i minori di 18 anni attualmente impegnati in conflitti nel mondo e la maggioranza di questi hanno dai 15 ai 18 anni, ma ci sono anche reclute di 10 anni e la tendenza è verso un abbassamento dell’età. Il problema è più grave in Africa e in Asia, ma anche parecchi Stati d’America e d’Europa reclutano minori nelle loro forze armate. Inoltre negli ultimi 10 anni è stata documentata la partecipazione di bambini dai 10 ai 16 anni in ben 25 Paesi. Anche le ragazze, sebbene in misura minore, sono reclutate e frequentemente soggette allo stupro e a violenze sessuali. Anche nella storia passata i ragazzi sono stati usati come soldati, ma negli ultimi anni questo fenomeno è in netto aumento perché è cambiata la natura della guerra, diventata oggi prevalentemente etnica, religiosa e nazionalista.
L’uso di armi automatiche e leggere ha reso più facile l’arruolamento dei minori; oggi un bambino di 10 anni può usare un AK-47 come un adulto. I ragazzi, inoltre, non chiedono paghe, si fanno indottrinare e controllare più facilmente di un adulto, affrontano il pericolo con maggior incoscienza (per esempio attraversando campi minati o intrufolandosi nei territori nemici come spie). Per i ragazzi che sopravvivono alla guerra e non hanno riportato ferite o mutilazioni, le conseguenze sul piano fisico sono comunque gravi: denutrizione, malattie della pelle, AIDS. Inoltre ci sono le ripercussioni psicologiche dovute al fatto di essere stati testimoni o aver commesso atrocità. Senso di panico e incubi continuano a perseguitare questi ragazzi anche dopo anni. Si aggiungano le conseguenze di carattere sociale come ad esempio la difficoltà nell’inserirsi nuovamente in famiglia e nel riprendere gli studi.