L’UFFICIO MIGRANTES INFORMA… (Redazione)

❶ Messe in lingua spagnola
per la numerosa Comunità Ispano-americana è prevista la celebrazione di due messe   nel mese di febbraio:
+ la prima ha avuto luogo domenica 12  alle ore 15;
+ la seconda avrà luogo domenica 26 alle ore 15.
Le Messe saranno celebrate nella chiesa di S. Giacomo a Crema con l’intervento didon Roberto o di don Erminio, per molti anni missionari in Guatemala.

Messe in lingua portoghese
Per la Comunità Brasiliana, recentemente formatasi, la Messa viene celebrata una  volta al mese, la seconda domenica. Nel mese di febbraio è stata dunque il 12, alle    ore 17 nella chiesa di S. Michele, appena dopo l’ospedale, con l’intervento di don  Vito Groppelli, per molti anni missionario in Brasile. Il prossimo appuntamento sarà per domenica 12 marzo stessa ora e stesso luogo.    Sia le messe in lingua spagnola che quelle in lingua portoghese sono aperte a tutti.

CORO DI NO AL PIANO CON LA LIBIA PER CHIUDERE LA ROTTA DEL MEDITERRANEO (Migrantes on line)

6-3Per chi è in prima linea a salvare vite e ad accogliere i disperati che fuggono dalle guerre e dalle discriminazioni, il piano che l’Europa intende sottoscrivere con il Paese in guerra è «inaccettabile».

«Chiudere la rotta del Mediterraneo centrale vuol dire costringere le persone a rimanere in una Libia non stabile, non sicura e soprattutto non in grado di rispettare i diritti umani e l’incolumità dei migranti. Si grida all’emergenza, si crea allarme nella società, si cavalca l’onda della paura per ottenere consenso politico. I migranti rischiano la vita in mare perché non hanno alternativa. Bloccare il passaggio nel Mediterraneo non vuol dire, come molti sostengono, evitare che le persone muoiano; al contrario, senza un’alternativa possibile per l’ingresso in Europa, i trafficanti sperimenteranno vie sempre più pericolose e mortali». È quanto sostiene padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli.          L’articolo continua nell’ ALLEGATO

LA NUOVA VITA DEI MIGRANTI COL PAPILLON (Luca Testa)

6-1Morte, povertà, abbandono. Quando s’affronta il tema dei migranti il primo pensiero cade inevitabile sul lungo elenco di privazioni e sofferenze. Poi c’è chi pensa all’ordine pubblico e chi invece si preoccupa (e occupa) dell’accoglienza. In questa centrifuga di contrasti, tra azioni e opinioni, qualcuno lavora per offrire opportunità reali. E il riscatto può passare anche da un papillon.

 Accade in Sicilia, nell’isola del sole. Qua la cooperazione e l’imprenditorialità trovano un felice punto d’incontro. Profit e non profit, insieme per la costruzione di piccoli grandi sogni. Come quello di avere un lavoro, ad esempio. Per molti è sinonimo di autonomia e dignità. E la cinquantina di ragazzi e ragazze ospiti del centro di soccorso e prima accoglienza (Cpsa) di Capocorso, a Siracusa, sanno bene cosa significa.

 L’articolo sulla nuova vita dei migranti continua nell’ ALLEGATO

05/02/2017. ANGELUS: LE NOSTRE OPERE BUONE SIANO RIFLESSO DELLA SUA LUCE

5 papa-angelusIn queste domeniche la liturgia ci propone il cosiddetto Discorso della montagna, nel Vangelo di Matteo. Dopo aver presentato domenica scorsa le Beatitudini, oggi mette in risalto le parole di Gesù che descrivono la missione dei suoi discepoli nel mondo (cfr Mt 5,13-16). Egli utilizza le metafore del sale e della luce e le sue parole sono dirette ai discepoli di ogni tempo, quindi anche a noi.

 Carissimi Fratelli e Sorelle,

 Gesù ci invita ad essere un riflesso della sua luce, attraverso la testimonianza delle opere buone. E dice: «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16). Queste parole sottolineano che noi siamo riconoscibili come veri discepoli di Colui che è la Luce del mondo, non nelle parole, ma dalle nostre opere. Infatti, è soprattutto il nostro comportamento che – nel bene e nel male – lascia un segno negli altri. Abbiamo quindi un compito e una responsabilità per il dono ricevuto: la luce della fede, che è in noi per mezzo di Cristo e dell’azione dello Spirito Santo, non dobbiamo trattenerla come se fosse nostra proprietà. Siamo invece chiamati a farla risplendere nel mondo, a donarla agli altri mediante le opere buone. E quanto ha bisogno il mondo della luce del Vangelo che trasforma, guarisce e garantisce la salvezza a chi lo accoglie! Questa luce noi dobbiamo portarla con le nostre opere buone.        L’Angelus continua nell’ ALLEGATO

L’APARTHEID DELLE BANLIEUE. (Raffaele Masto)

domenica5La vicenda di Theo, il giovane di 22 anni picchiato e stuprato da quattro poliziotti in una banlieue di Parigi, riporta alla ribalta un problema che periodicamente torna di attualità. Un problema che non è solo francese, ma che ci riguarda da vicino.
Nel 2005 a Parigi c’era stata una rivolta di venti giorni ma gli episodi di violenza e di protesta, in questi dieci anni, sono continuati, anche se non clamorosi come allora. Recentemente, dopo l’attacco terroristico all’aeroporto di Bruxelles, il mondo intero aveva conosciuto Molenbeek, di fatto una delle banlieue del Belgio, che aveva ospitato i terroristi che avevano colpito l’aeroporto. Si tratta di un quartiere di circa sei chilometri quadrati, abitato in stragrande maggioranza da una popolazione, originaria direttamente o di seconda generazione, proveniente dal Maghreb. Di fatto ogni città europea ha la sua (o le sue) Molenbeek.

Sono luoghi di confine, delle Township prodotto dell’emarginazione sociale, politica, economica che altro non è che una forma di razzismo. Sì, razzismo. Una brutta parola, che ci squalifica, che quasi ci offende ma che è una realtà. Gli episodi, oltre a quello inqualificabile dei quattro poliziotti parigini, che possono essere qualificati con questa parola sono tanti. Potrei fare una lunga lista… che evito di fare.
In passato abbiamo definito apartheid la realizzazione di luoghi in cui i “diversi”, gli “stranieri” venivano relegati. In Sudafrica erano istituzionalizzati. Nelle città della civile Europa del Terzo Millennio sono una creazione “di fatto”, ma estremamente reale. Una dimostrazione che l’Europa sul tema integrazione ha fallito.
Raffaele MASTO – Buongiorno Africa – 08.02.17

QUEL RAZZISMO SUBDOLO CHE NON È MAI SCOMPARSO…(Raffaele Masto)

fermoVi ricordate Emmanuel, migrante fuggito con la moglie dalla Nigeria di Boko Haram, e ucciso a pugni e a calci per averla difesa dagli insulti da un italiano?

Quattro anni ottenuti con il patteggiamento davanti al giudice, arresti domiciliari, ma con il permesso di andare al lavoro tutti i giorni. È tutta qui la condanna per avere ucciso a pugni e calci un immigrato africano colpevole di avere difeso la sua compagna dagli insulti dello stesso assassino. E’ quanto è stato stabilito dalla sentenza che ha chiuso la vicenda riguardante l’uccisione di Emmanuel Chidi Nnamdi, l’immigrato nigeriano morto a Fermo il 5 luglio 2016 in seguito al pestaggio subito da Amedeo Mancini, ultrà della squadra locale di calcio, finito in carcere subito dopo l’episodio.      L’articolo continua nell’ ALLEGATO

IL CENTRO MISSIONARIO INFORMA… (Redazione)

4-4Padre Cremonesi: un martire del nostro tempo

Seguita ed affollata la S. Messa, concelebrata nella Cattedrale dall’Amministratore diocesano don Maurizio Vailati insieme ad un nutrito gruppo di sacerdoti e dei tre diaconi, martedì 7 febbraio alle ore 21, ricordando il 64° anniversario del martirio di Padre Alfredo Cremonesi. Molto apprezzata la presenza di Padre Giovanni MUSI, postulatore delle Cause dei Santi per il PIME, che ha tenuto un’omelia molto vivace e ricca di spunti sulla figura e l’opera di Padre Alfredo.

L’omelia è integralmente riportata nell’ ALLEGATO

L’UFFICIO MIGRANTES INFORMA…(Redazione)

 Sono bambini, non schiavi!

domenica5Si è svolta anche a Crema l’8 febbraio, presso la Chiesa della Suore del Buon Pastore in occasione della 3a Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, una Veglia di preghiera. Era la prima volta che veniva organizzata ed il risultato, viste le presen ze è stato incoraggiante. Un grazie di cuore, oltre alle Suore del Buon Pastore, che hanno ospitato, anche agli altri ordini religiosi, che hanno partecipato numerosi, l’Associazione Papa Giovanni XXIII e la Pastorale della Salute, che con don Simone VALERANI, è stata l’anima dell’iniziativa. Come testimonianza riportiamo la storia di BLESSING, una giovane nigeriana che, come altre 5.000 donne nel solo 2016, è stata vittima inconsapevole della tratta. Per lei fortunatamente la tragica avventura ha avuto un epilogo positivo, grazie anche all’impegno disinteressato di Associazioni e Religiose.            La tragica storia di Blessing nell’ ALLEGATO

MAROCCO: LIBERTÀ DI LASCIARE L’ISLAM. (Roberta Gisotti)

domenica5Il Consiglio Superiore degli Ulema, massima autorità religiosa del Marocco, ha eliminato la pena di morte per il reato di apostasia dall’Islam.  Ha così ribaltato una sentenza di contenuto opposto decretata nel 2012. Il commento di Paolo BRANCA, docente di Islamistica e di Storia dei Paesi arabi all’Università cattolica di Milano.

Si tratta di una svolta storica, perché per la prima volta questa cosa viene riconosciuta come principio. In pratica, già la pena di morte per apostasia non veniva applicata nella maggior parte dei casi, con soluzioni – diciamo così – di comodo. La testimonianza di Branca continua nell’ ALLEGATO

MOBILITAZIONE PERMANENTE FINO AD APPROVARELA LEGGE SULLA CITTADINANZA

litalia-sono-anchioQuanto sono belli quei ragazzi africani che incontriamo in metropolitana e sentiamo che parlano un autentico romanesco. Perché non devono appartenere a noi? Non si può non far leggi su queste cose. Se eravamo un popolo monocolore ora siamo multicolore”.

 Con questa parole si è espresso mons. Nunzio Galantino, Segretario della CEI, presentando, il comunicato finale del Consiglio Episcopale Permanente della CEI. “Ius soli e ius culturae”, sono due concetti che dovrebbero ispirare una legge sulla cittadinanza, ricordando che tra le proposte dei vescovi in questi giorni figurano anche quelle di affidare a case famiglia i minori non accompagnati e riconoscere la cittadinanza per quanti hanno conseguito nel nostro Paese il primo ciclo scolastico. Riconoscere la cittadinanza ai ragazzi immigrati che frequentano le nostre scuole “vuol dire cominciare a ridurre la platea dei cosiddetti irregolari: gli immigrati non sono tutti irregolari o clandestini, non è il colore della pelle a fare ‘un irregolare’ e dell’irregolare un delinquente”. Parole in perfetta sintonia con il progetto sostenuto dalla campagna “L’Italia sono anch’io”.       L’articolo sulla cittadinanza continua nell’ ALLEGATO