Padre Enea MAURI – ECUADOR

Jamás padre_Enea_Mauries pequeño lo que se hace por Amor”.   Non è mai poco quello che si fa per Amore.

Carissimi Amici di Crema,

Natale al Carmen quest’anno è ben diverso dai precedenti. L’esperienza del terremoto ha segnato profondamente la vita della gente e scombussolato tutti i piani, i sogni e le tradizioni di un popolo. Nessuno se lo aspettava; è accaduto tutto in 52 secondi che sono sembrati un’eternità.
Pensando a quanto è successo in Italia con il terremoto, nasce spontaneo il confronto. In Italia in poche ore si sono organizzati gli aiuti e si è messa in moto la ricostruzione. Qui, dopo sette mesi, gli aiuti sono ancora un sogno e la ricostruzione è alla mercé dei politici, soprattutto ora che siamo prossimi alle elezioni.
            Dove accogliere tanta gente? Come Chiesa abbiamo aperto le porte, così il terreno dove si dovevano costruire la nuova chiesa e la nuova parrocchia è diventato la porta santa del Giubileo per le quasi 300 persone che hanno perso tutto e sono giunte dai luoghi più colpiti in cerca di amicizia e di sicurezza. Sono ancora 19 le famiglie ospitate e 71 le persone che continuano a vivere nelle tende dopo 9 mesi, sopportando il caldo torrido e la pioggia. Colpisce soprattutto la presenza dei bambini costretti a vivere in uno spazio ridotto e con nuovi amici in un ambiente improvvisato.
Gli aiuti sono arrivati, ma il programma è di ricostruire prima le città turistiche che costeggiano l’oceano, poi il capoluogo di provincia, infine…i luoghi del campo (cioè dell’interno dove la gente continua ad aspettare).
È ammirevole la pazienza di questa gente che sopporta tanto, ma che lotta pure per ricostruirsi una casetta con i mattoni rimasti, con le lamiere di zinco accartocciate. Abbiamo aiutato alcune famiglie che avevano figli disabili e che vivevano per terra protetti da semplici teloni di plastica: qualcosa di inumano.

            Ma la speranza non viene meno, così come la voglia di vivere. Il terremoto ha unito i poveri nella solidarietà. “Chi vuol bene a noi, siamo noi”, si dice qui. Il terremoto ha aiutato anche ad apprezzare sempre più il dono unico della vita, a riscoprire che l’essenziale non sono le cose ed a riconsiderare il valore della fede.
Nei giorni scorsi una dentista mi si è avvicinata, chiedendomi di andare a benedire il suo nuovo studio. Mentre aspettavo, mi ha detto: “Padre, la notte del terremoto ero al terzo piano dell’edificio dove abitavo. In un attimo mi sono trovata al piano terra e mi hanno estratta da sotto le macerie. In quella notte ho trovato un tesoro. Io che mi ero allontanata da Dio e dalla Chiesa, io che non credevo, in quei momenti ho scoperto che Dio era al mio fianco, ho trovato Dio e mi sono sentita amata ed in pace, non mi sono sentita sola. Non mi preoccupavo se mi potessero estrarre o no. Ero serena. Nel pomeriggio avevo litigato per telefono con mia madre e lei mi aveva richiamato dicendomi che avrebbe pregato per me. Io sono un miracolo vivente e devo annunciarlo agli altri”.
Oppure il ragazzo, capo di una gang della droga, che ha fatto uccidere varie persone, tra cui anche il suo miglior amico, che però si è salvato. “Come faccio ora, Padre, con lui che mi crede ancora suo amico? Come può perdonarmi il Signore per quanto ho fatto, uccidendo e pagando per uccidere?”.
Oppure la signora anziana di una comunità del campo, catechista e legionaria, che mi dice: “Nonostante tutto, non posso smettere di insegnare il catechismo e di andare a pregare per gli ammalati, perché anche mio padre era catechista ed è morto spiegando il catechismo”.
            Natale è l’occasione per scambiarci regali. La bellezza del Natale però non è scambiarci dei regali, bensì è diventare dono per l’altro.
Il dono più bello sei tu, non le cose che porti.
Allora scopriamo che il Natale è gioioso perché non siamo più soli, siamo un dono che condivide la bellezza di essere nella gioia.
Alla grotta di Betlemme arrivarono anche due asinelli. Erano stanchi e macilenti, pieni di piaghe per i pesanti sacchi che caricavano e per i colpi che ricevevano dal loro padrone. Avevano sentito parlare di un Re venuto dal cielo e, incuriositi, erano accorsi anche loro. Rimasero un attimo a contemplare il Bambino, lo adorarono e pregarono come tutti. All’uscita li attendeva il padrone e i due asinelli ripresero il cammino con il pesante carico sulla groppa. “Non serve a niente”, disse uno. “Ho pregato il Messia che mi togliesse il peso e non l’ha fatto”. “Io invece”, ribatté l’altro che aveva ripreso il cammino con un certo vigore, “gli ho chiesto di darmi la forza di portarlo”.
            È la ricchezza dei poveri che hanno ripreso il cammino con la forza e il coraggio di chi ricomincia di nuovo facendo appello alla solidarietà: il “buen vivir” della cultura incaica.
            La fede che Gesù suscita è una fede con la capacità di sognare il futuro e lottare per esso nel presente. Bisogna saper guardare con occhi nuovi quello che siamo abituati a vedere tutti i giorni per apprezzare i valori ed i lati positivi che, a causa della routine, non riusciamo più a scorgere. In questo i poveri sono maestri!

Buon Natale a tutti!      P. Enea MAURI