Don Federico BRAGONZI – Uruguay

E qui cosa si può fare?

In questa lettera scritta a pochi giorni dal Natale, don Federico ci comunica dubbi, incertezze, speranze e preoccupazioni che sta vivendo prendendo i primi contatti con la sua nuova “quasi parrocchia” del Delta del Tigre.

Carissime/i, un augurio di cuore per continuare a vivere la grazia del Natale e ricevere l’Anno Nuovo con fiducia e speranza.
Nella Messa di mezzanotte (si fa per dire perché è cominciata alle 20 e alle 22 tutti a casa perché la liturgia delle cena familiare è sacra…) abbiamo pregato per voi: le due diocesi di san Josè e Crema, il vescovo Arturo e Daniele, le famiglie, la pace, i bambini, gli ammalati… immancabile il ricordo di don Francesco Ruini che è rimasto nel cuore di tutti, e io ho fatto una preghiera per don Vito Groppelli che ci ha lasciato in modo così tragico e improvviso.

Vista della futura casa parrocchiale. Stiamo sistemando la recinzione prima di affrontare i lavori interni. Cancello e inferriata nuovi.
Vista della futura casa parrocchiale. Stiamo sistemando la recinzione prima di affrontare i lavori interni. Cancello e inferriata nuovi.

Da circa due mesi ho cominciato a frequentare una zona della diocesi di san José, vicina alla capitale Montevideo che chiamano Delta del Tigre, probabilmente perché proprio lì il Rio Santa Lucia entra nel Rio de la Plata ed è diviso in due bracci da un isolotto, El Tigre, appunto. Per adesso abito nella parrocchia vicina, affidata agli Oblati di Maria Immacolata e da lì mi sposto al Delta dove oltre alla Comunità Cristiana, una “quasi-parrocchia” (così si chiama giuridicamente) in costruzione, ci sono anche altre Chiese di diversa denominazione.
Non credo abbiano moltissimo successo perché l’Uruguay è laicista (senza esagerare!) per tutti, ma la loro presenza, maggiore in percentuale che in altri luoghi, indicherebbe un lungo vuoto pastorale della Chiesa cattolica. Questa fase un po’ nomade finirà quando sarà conclusa la ristrutturazione della casa che una signora ha donato alla diocesi perché fosse la casa parrocchiale.
È un inizio un po’ strano, diverso da altri che ho vissuto. Forse perché la realtà è più anonima e mi sta diventando familiare a piccolissime dosi; o perché il prete qui è uno qualsiasi e dire “sono un prete” non apre nessuna porta speciale; o perché di fronte alle diverse situazioni non mi nascono subito intuizioni o possibili risposte come avveniva in passato ma rimango con la domanda: “e qui cosa si può fare?”. Mi impressiona del Delta la quantità di gente che si muove per le strade, soprattutto a piedi. Gruppi di bambini o di giovani, mamme con il passeggino e i figli più grandicelli, coppie, anziani… tutti rigorosamente uno accanto all’altro, occupando tutta la carreggiata e affermando ostentosamente i propri diritti di pedoni. È una popolazione prevalentemente giovane, seconda e terza generazione di anziani nati in diverse regioni del paese, arrivati a Montevideo in cerca di lavoro e da lì ricollocati nel Delta dove le possibilità di comprare un terreno e farsi la casa erano più favorevoli. Nella zona ci sono due industrie chimiche, un impianto di Air Liquide, una fabbrica di lavorazione del cuoio per sedili di auto di alta categoria e poco più.
Molti i pendolari a Montevideo e… tanta economia di sopravvivenza, lavoretti saltuari, piccole vendite, aiuti dei servizi sociali, pensioni minime. Ogni mercoledì sulla strada che divide la Cappella di Sant’Eugenio e la casa parrocchiale si fa la “feria”, un mercatino semplicissimo dove ognuno mette in vendita qualsiasi cosa. Si va dalla verdura e frutta, ai commestibili brasiliani di contrabbando, stuoie di giunco del fiume, ricambi usati di elettrodomestici, roba made in Cina e tanti, tanti vestiti usati. Anche le donne della comunità organizzano il loro banchetto di roba usata e così finanziano le bollette di luce e acqua della Cappella principale e di altre due momentaneamente chiuse.
La gente delle Comunità (San Fernando e Sant’Eugenio….perché, come dicevo, le altre due, Sofima e Villa Rives, da alcuni anni si sono come disintegrate) è contenta di vedere che le insistenti preghiere per avere un prete non sono state inutili…, ma credo che scioglieranno la riserva solo quando comincerò a vivere nel quartiere e quando vedranno che da Crema arrivano segnali concreti che garantiscono la continuità.

Adriana, sacrista di sant’Eugenio, invita alla messa
Adriana, sacrista di sant’Eugenio, invita alla messa

La mia preoccupazione principale è di offrire la stabilità pastorale di ogni parrocchia: celebrazioni eucaristiche, sacramenti, catechesi, attenzione ai malati… Nulla è scontato e facile perché le risorse umane sono poche, ma ci proviamo… senza affanni. Vedo che una certa dose di destrutturazione, di semplicità e di accettazione di ciò che è possibile è sana e permette di dedicare più tempo alle persone. Così visito famiglie, imparo a muovermi nel dedalo di strade dei quattro quartieri della parrocchia, conosco ammalati e anziani, ascolto, domando e cerco di scoprire le tracce della storia di questa Comunità cristiana che è stata vivace fino ad una quindicina di anni fa e poi ha avuto un calo brusco per motivi che ancora non conosco. Auguro a tutte/i che il nuovo Anno venga con tutte le novità positive che il Signore ci prepara. Inutile dirvi che siamo già in gioiosa agitazione per la visita del vescovo Daniele, del Vicario don Maurizio, dell’attesissimo don Francesco e dei cari amici Mimma ed Enrico. Proprio ieri, con il vescovo Arturo abbiamo fatto il programma di massima della settimana che vivremo insieme….

Un forte abbraccio. Don Federico