IN ETIOPIA UNA GUERRA BRUTALE PER SCORAGGIARE LE SECESSIONI (Pierre Haski)

3a. EtiopiaÈ la guerra che non ci aspettavamo, o comunque non in un paese il cui primo ministro ha ricevuto l’anno scorso il premio Nobel per la pace. Questo paese è l’Etiopia, secondo stato più popoloso dell’Africa con più di cento milioni di abitanti e considerato come un modello di un ritorno alla vita democratica.

Il 4 novembre il primo ministro Abiy Ahmed ha lanciato un’offensiva militare contro le autorità dello stato federale del Tigrai, nel nord del paese. L’11 novembre Abiy ha annunciato che l’esercito nazionale ha riportato una vittoria totale.
Questa rivendicazione è impossibile da verificare, perché la regione del Tigrai è tagliata fuori dal mondo. Le comunicazioni sono interrotte e i giornalisti non sono graditi. Un indizio arriva però dal bilancio pesantissimo, soprattutto tra i civili.
Secondo Amnesty international nella notte tra il 9 e il 10 novembre centinaia di civili sono stati massacrati a colpi di machete nella località di May Kadra, nella regione del Tigrai. Testimonianze raccolte dall’organizzazione riferiscono però che le vittime non apparterrebbero all’etnia locale, ma ad altre etnie etiopi, e sarebbero state uccise dai miliziani tigrini per vendetta.          Continua nell’ ALLEGATO

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COSA STA SUCCEDENDO IN PERÙ? (Elisa Ghidini)

4b. peru-diego-miranda-limaLa risposta non è semplice, visto che poche ore fa è stato eletto il terzo presidente in una settimana. Per capire la situazione politica, le proteste e l’evoluzione della situazione, è necessario fare un grande passo indietro.

In Perù è stato eletto il terzo presidente in una settimana. Si chiama Francisco Sagasti ed è stato il Parlamento a eleggerlo ad interim. Sostituisce il contenstatissimo Manuel Merino, dopo le sue dimissioni, che a sua volta aveva preso il posto di Martìn Vizcarra. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di capire cosa sta succedendo in Perù da qualche tempo.

L’arrivo di Vizcarra
Il Perù, negli ultimi tempi, oltre a una grave crisi economica e alla pandemia, sta affrontando anche una pesante situazione politica e sociale. Il presidente Martìn Vizcarra, che nel marzo 2018, era subentrato a Kuczynski, accusato di corruzione, è finito a sua volta in mezzo a un’indagine per corruzione. I fatti risalirebbero al suo periodo trascorso nella regione di Moquegua come governatore.

I tentativi di riforma
Il Perù si trova da anni in una posizione piuttosto preoccupante nelle classifiche internazionali relative alla corruzione. Vizcarra, ora indipendente ma in passato affiliato ai Peruviani per il cambiamento, durante il suo mandato ha cercato di fare approvare la proposta di referendum sulle riforme necessarie per debellare la corruzione dal Paese. Si trattava di un progetto piuttosto corposo che riguardava la riforma della Corte Costituzionale, precedentemente nominata solo dal Congresso, la regolamentazione del finanziamento ai partiti e il divieto di rielezione immediata per i parlamentari: le proposte di Vizcarra sono state approvate con una maggioranza altissima da parte degli elettori.          Continua nell’ ALLEGATO

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SIRIA: PADRE DALL’OGLIO COMPIE OGGI 66 ANNI (Riccardo Cristiano)

5a. padre_dalloglioLa sorella Francesca: “vogliamo la verità dopo 7 anni lunghi e dolorosi”

Rapito a Raqqa il 29 luglio 2013 dall’Isis, padre Paolo Dall’Oglio è da allora uno dei circa 100mila siriani che sono stati inghiottiti in un buio impenetrabile. Gesuita, romano, appassionato del dialogo perché sapeva che il fondamentalismo è ritenere che fuori dalla propria verità di fede ci sono solo false credenze e quindi una falsa umanità, Dall’Oglio compierebbe oggi, 17 novembre 2020, 66 anni, sette dei quali li ha trascorsi, se li ha trascorsi, silenziato, impossibilitato a parlare e da troppo tempo non cercato, non ricordato.
La sorella, Francesca, ha scritto proprio in queste ore: «Oggi, 17 novembre 2020 ricorre il compleanno di mio fratello Paolo. 2665 giorni sono trascorsi dal suo sequestro in Siria nel luglio 2013.
Sette anni lunghi e dolorosi anche se sempre accompagnati dalla consapevolezza che Paolo si sentiva chiamato ad una missione che sentiva profondamente dentro di se e che come dice lui stesso: “Per ragioni che hanno a che vedere con l’impegno della mia vita, questa è una guerra civile che lacera la mia anima. Vorrei fare qualcosa per fermarla… Ma non voglio vivere una vita che sia altro da un dono radicale” Collera e Luce EMI 2013
La domanda di verità su ciò che è successo è un diritto ma è anche un dovere della comunità nazionale ed internazionale verso di lui e non solo.
Significa individuare le responsabilità e gettare le basi per una futura pacificazione
Per innestare i semi dell’armonia è necessario guarire tutte le ferite che in questi nove anni di conflitto si sono aperte, a partire dalla verità sulle migliaia di siriani scomparsi perché arrestati, sequestrati o peggio, uccisi.          Continua nell’ ALLEGATO

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NEL SUPERMERCATO ARRIVA LA SPESA SOSPESA (A.V.)

6a. Nel supermercato...L’iniziativa dei cittadini di Milano, zona Corvetto. Punto di riferimento il Carrefour, il supermercato il cui il direttore aveva pagato la spesa a un anziano che aveva rubato per fame. Così “l’onda” è nata sui social: in fondo basta qualche euro in più!

La solidarietà che chiama altra solidarietà. I social che amplificano l’effetto, in una stupenda eco virtuosa. Un’onda solidale sta travolgendo il Corvetto, dove alcuni cittadini hanno deciso di aprire un conto destinato a chi si trova in difficoltà economica, tanto da non riuscire a fare la spesa.
L’idea è nata dopo il gesto del direttore del Carrefour di corso Lodi, che la scorsa settimana aveva scelto di non denunciare un anziano che era stato sorpreso a rubare del pane e pochi altri generi alimentari nel suo punto vendita. Il manager aveva “bloccato” il vigilante, non aveva allertato le forze dell’ordine, aveva pagato di tasca sua e aveva detto all’uomo: “Se hai fame, la prossima volta vieni da me, non rubare”. La storia era poi stata raccontata sui social da un testimone e proprio sui social la voglia di fare del bene si è amplificata.
Così nei giorni scorsi è nata l’idea “Corvetto solidale”, una vera e propria raccolta fondi – sempre aperta – per fare in modo che chi ha bisogno abbia una sorta di salvadanaio dal quale attingere. “Visto i tempi che stiamo vivendo e visto l’approssimarsi del Natale, in accordo con il direttore del supermercato Carrefour di corso Lodi abbiamo pensato di creare una sorta di conto aperto dove ognuno può lasciare qualche euro per poter aiutare le persone momentaneamente impossibilitate a comperare alimenti di prima necessità”, ha raccontato uno dei promotori dell’iniziativa sui vari gruppi Facebook del quartiere.
L’idea è molto simile a quella della “spesa sospesa”, anche se chi vorrà potrà lasciare monete e banconote, ma non generi alimentari perché ci sarebbero problemi di conservazione e stoccaggio. “Per chi vorrà aderire, alla cassa centrale ci sarà a disposizione una busta con su scritto «Corvetto solidale»”, che servirà per raccogliere il denaro.
“Questi soldi verranno utilizzati quando se ne presenterà l’occasione. Pensionati che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese, persone che hanno perso il lavoro, famiglie che attraversano un momento di difficoltà. Ovviamente – hanno concluso gli ‘organizzatori’ – ci auguriamo che servano il meno possibile ma così facendo abbiamo la possibilità di dare una mano”. E la solidarietà, quella sì, serve sempre.         – MILANOTODAY – 18.11.20

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Il Centro Missionario informa…

A – THE ECONOMY OF FRANCESCO     Locandina def

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B- CORSO GRATUITO DI ITALIANO

Corso italiano S. Bernardino

 

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C –  RITIRO DI AVVENTO

 Anche quest’anno, nonostante la non facile situazione, si terrà l’abituale Ritiro di Avvento vissuto insieme all’Azione Cattolica, alla Caritas, alla Commissione Liturgia e all’Ufficio Migrantes. Come ormai siamo abituati, sarà in linea.

Avrà luogo domenica 29 novembre, con inizio alle ore 15.

 Sarà guidato da Suor M. LUISA CICERI suora Adoratrice del Santissimo Sacramento e maestra delle novizie presso la casa madre di Rivolta D’Adda.

Il titolo: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Isaia, 63, 19b)

Nei prossimi giorni verranno date indicazioni molto semplici per iscriversi.

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Enrico e le Commissioni Missionaria e Migrantes

Carissime, Carissimi,

                                      abbiamo voluto aprire questo numero della Comunicazione  con due fotogrammi tratti da uno dei filmati più drammatici che la cronaca di questi giorni ci abbia offerto. E a commento ci sono le parole disperate urlate dalla madre alla ricerca di quel figlio di solo sei mesi…
Immaginate, una notte – scrive Marina Corradi su Avvenire di ieri – di avere un incubo. Vi trovate in alto mare, sotto a un cielo color piombo. Siete rimaste sole su gommone che si è appena rovesciato, fra onde minacciose. Vi riprendete, ma vi ritrovate con le braccia vuote. E il bambino, mio Dio, il bambino di sei mesi che tenevate stretto come un tesoro? ‘Dov’è il mio bambino? Ho perso il mio bambino! Dov’è il mio bambino?’, gridate, e in quel momento vi svegliate, il cuore a cento all’ora. Ma non è un incubo, è tutto vero. Nel Mediterraneo, l’altro ieri. Un gommone con cento a bordo naufragato, Open Arms l’unica nave in soccorso, sei i morti accertati. Fra cui Joseph, sei mesi. Prologo, questa tragedia, a un’altra, di ieri: settantaquattro morti al largo di Khums, in Libia. Un nuovo massacro che non troverà molto spazio sui giornali.
Noi madri, padri, nonni, sappiamo tutti bene com’è un bambino di sei mesi, leggero ancora fra le braccia, gli occhi spalancati e curiosi, e i gorgoglii, e i sorrisi (sorridono, a quell’età, come se credessero in un mondo bellissimo). Provate, con uno di questi vostri bambini in braccio, a immaginare di salire su un gommone malmesso, stracarico, in un mare agitato. Come si fa a esporre un neonato al sole a picco dell’estate, alla sete, o alle tempeste dell’autunno e dell’inverno?          Continua nell’ ALLEGATO

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UNA VITA DI CARITÀ PREPARA ALL’INCONTRO CON DIO (Angelus, 08-11-2020)

1a. AngelusIl brano del Vangelo di questa domenica (Mt 25,1-13) ci invita a prolungare la riflessione sulla vita eterna, iniziata in occasione della Festa di Tutti i Santi e della Commemorazione dei fedeli defunti. Gesù narra la parabola delle dieci vergini invitate a una festa nuziale, simbolo del Regno dei cieli.

Ai tempi di Gesù c’era la consuetudine che le nozze si celebrassero di notte; pertanto il corteo degli invitati doveva procedere con le lampade accese. Alcune damigelle sono stolte: prendono le lampade ma non prendono con sé l’olio; quelle sagge, invece, assieme alle lampade prendono anche dell’olio. Lo sposo tarda, tarda a venire, e tutte si assopiscono. Quando una voce avverte che lo sposo sta per arrivare, le stolte, in quel momento, si accorgono di non avere olio per le loro lampade; lo chiedono alle sagge, ma queste rispondono che non possono darlo, perché non basterebbe per tutte. Mentre le stolte vanno a comprare l’olio, arriva lo sposo. Le ragazze sagge entrano con lui nella sala del banchetto, e la porta viene chiusa. Le altre arrivano troppo tardi e vengono respinte.
È chiaro che con questa parabola, Gesù ci vuole dire che dobbiamo essere preparati all’incontro con Lui. Non solo all’incontro finale, ma anche ai piccoli e grandi incontri di ogni giorno in vista di quell’incontro, per il quale non basta la lampada della fede, occorre anche l’olio della carità e delle opere buone. La fede che ci unisce veramente a Gesù è quella, come dice l’apostolo Paolo, «che si rende operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6). È ciò che viene rappresentato dall’atteggiamento delle ragazze sagge. Essere saggi e prudenti significa non aspettare l’ultimo momento per corrispondere alla grazia di Dio, ma farlo attivamente da subito, cominciare da adesso. “Io… sì, poi più avanti mi convertirò…” – “Convertiti oggi! Cambia vita oggi!” – “Sì, sì… domani”. E lo stesso dice domani, e così mai arriverà. Oggi! Se vogliamo essere pronti per l’ultimo incontro con il Signore, dobbiamo sin d’ora cooperare con Lui e compiere azioni buone ispirate al suo amore.          Continua nell’ ALLEGATO

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SIAMO TUTTI FRATELLI, ANCHE I MIEI CARCERIERI (I.De Bonis – G. Rocca)

2a. padre-GIGIIn questa intervista Gigi Maccalli liberato in Mali dice: «Non sento di essere ancora tornato a casa: casa mia è a Bomoanga in Niger».

«Quello che ho potuto fare in questi due anni di prigionia è stato umanizzare le relazioni con i miei carcerieri, che erano ragazzi giovani: è stato un vivere relazioni umane. A chi aveva mal di denti ho dato un paracetamolo, una medicina per alleviare il dolore. Con un altro abbiamo avuto uno scambio, perché voleva imparare a leggere e scrivere i numeri in francese e ogni sera veniva da me e ripeteva la lezione. E poi ecco: per sigillare questo patto di fraternità ha voluto il mio zaino e io ho preso il suo».
A parlare in questa lunga intervista rilasciata ieri a Popoli e Missione, nella sede della Congregazione missionaria cui appartiene, la SMA a Roma, è padre Gigi Maccalli, missionario di Crema rapito in Niger due anni fa e rilasciato l’8 ottobre scorso in Mali.
«Voi dite che sono tornato a casa, ma io posso assicurarvi che non sono ancora arrivato a casa mia. Casa mia è a Bomoanga, in Niger».
Padre Gigi non trattiene le lacrime quando parla della sua comunità di Bomoanga e confida i suoi sentimenti più profondi, raccontandoci il senso della condivisione, persino in prigionia.
«Non c’è richiesto di fare miracoli in questa vita, ma di vivere la fraternità nel quotidiano. Portare l’umanità di quanti incontriamo, e poi Dio fa grandi cose: Dio divinizza».          Continua nell’ ALLEGATO

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A KINSHASA SI DISCUTE, NEL KIVU SI MUORE (Raffaello Zordan)

A file photograph shows an armed soldier from Congo's UPC rebel group standing guard at Barriere villageMentre il presidente Tshisekedi ha avviato una serie di consultazioni a largo raggio per tentare di scrollarsi di dosso la tutela di Kabila, nel nordest si susseguono i raid di gruppi armati. La testimonianza del comboniano Gaspare Di Vincenzo.

 Uno dei punti qualificanti del programma di Félix Tshisekedi, eletto due anni fa presidente della Repubblica democratica del Congo, era di portare la stabilità del nordest del paese, in particolare nelle province del Sud Kivu, Nord Kivu e Ituri. Province ricche di risorse minerarie e terreno di disputa di numerose milizia armate, alcune delle quali al soldo di Rwanda e Uganda.
Padre Gaspare Di Vincenzo, comboniano che lavora a Butembo (Nord Kivu), dice a Nigrizia: «Qui la situazione continua a essere disastrata. Ci sono attacchi continui e massacri che colpiscono la popolazione. L’ultimo è stato venerdì 30 ottobre: ci sono stati 19 morti alla porte della cittadina di Butembo. Il gruppo armato che ha colpito proveniva dalla valle del Graben, al confine con l’Uganda».
Questo sta accadendo perché il mandato di Tshisekedi è fortemente condizionato dalla coalizione dell’ex presidente Joseph Kabila, che ha la maggioranza sia alla camera sia al senato e che non ha certo tra le priorità quella di stabilizzare l’area del nordest.
Kabila infatti si è sempre guardato dall’interferire con le mire del regime rwandese di Kagame sulla Rd Congo. Ma è stato Tshisekedi a sceglierselo come alleato alla vigilia delle elezioni del 2018, che poi si sono svolte all’insegna del disprezzo degli elettori e della falsificazione dei risultati delle urne.          Continua nell’ ALLEGATO

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